Cento anni di Repubblica e cento volte Jackie Chan
Altro lavoro celebrativo in occasione del centenario della nascita della Repubblica in Cina e della caduta del millenario potere imperiale, questo film aggiunge al tono apologetico storico quello professionale di Jackie Chan, di cui si festeggia la centesima pellicola di una lunga e mirabile carriera, qui anche regista.
Una volta passate in rassegna celebrazioni storiche e professionali, occorre dire che, come spesso succede, il lavoro non è di quelli che passeranno alla storia: troppo ambizioso, e di conseguenza votato al mezzo fallimento, il tentativo di voler ripercorrere un periodo storico fondamentale per la Cina moderna, senza cadere nella cronaca quasi documentaristica o nella retorica nazionalistica.
Le vicende narrate si svolgono nei due anni, tra il 1911 e il 1913, in cui la dinastia Qing vide la sua definitiva caduta e i moti rivoluzionari che portarono alla sua caduta presero piede nel sud del paese.
Al centro del racconto le figure storiche di Sun Yat-sen, Hang Xing e Yuan Shikai, intorno alle quali si impernia il racconto delle drammatiche e sanguinose vicende che portarono alla rivoluzione, e all'abdicazione dell'Imperatore.
Indubbiamente il film ha il suo rigore storico e narra fatti ormai consolidati nella giusta maniera, mantenendo anche una certa asetticità; a ciò si aggiunge una descrizione dei personaggi complessivamente valida e che cerca di andare anche al di là del puro ruolo storico-politico e un inquadramento politico dell'epoca che mette in evidenza il declino di un potere millenario sotto i colpi di una utopia rivoluzionaria che troverà solo nella presa del potere da parte dei comunisti, qualche decennio dopo, la sua concretizzazione: non a caso tutta la dissertazione sull'essenza della rivoluzione sembra quasi essere un manifesto ante litteram della rivoluzione comunista.
Quello che stona, ma c'era da aspettarselo, è quell'orpello retorico che rasenta la propaganda, senz'altro non ai livelli di Founding of a party, altro lavoro cinese di quest'anno con intenti celebrativi, ma che si insinua prepotente in tutto lo svolgimento del film.
Il film nel suo insieme si lascia vedere e cerca di dare in poco meno di due ore una lettura storica dell'epoca in cui si contrappongono corruzione ,assolutismo, feudalesimo e cospirazione da una parte, ideali, giustizia e democrazia dall'altro, regalando anche qualche bel momento (alcune scene di battaglia, la distesa dei "martiri" della ribellione di Guangzhou) e riuscendo persino a mostrare la ben nota maestria nelle arti marziali di Jackie Chan in una breve scazzottata nella pancia di una nave.
Alla fine , forse, visto le tematiche trattate e le trappole della censura da evitare, tutto sommato il film il suo dovere lo fa, avvalendosi della bravura di Jackie Chan, sempre più orientato verso un nuovo capitolo della sua carriera cinematografica, Winston Chao, a volte un po' troppo caricaturale nei panni di Sun Yat-sen e una sempre brava Joan Chen nella parte intrisa di drammaticità dell'Imperatrice Dowager Longyu, colei che abdicando mise fine ad un potere ultramillenario.
Il buon Jackie Chan come regista "serio" mi manca, anche come interprete. Sarebbe interessante vederlo in questa veste, anche perché come persona (e personaggio!!) mi è sempre piaciuto molto.
RispondiEliminaQui è fin troppo serio, la sua migliore interpretazione recente è sicuramente in Little big soldier.
RispondiEliminaCome sempre in film del genere si scade nella retorica, ed è inevitabile. In ogni caso credo che lo vedrò, questi drammoni storici alla fine finiscono sempre con l'incuriosirmi!
RispondiEliminaUn saluto e auguri di buon natale!
Curiosità ne destava anche a me, anche per capire meglio quel periodo storico, ma anche su questo aspetto è troppo carente, regna la confusione.
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