La killer e il boss
Sottotitolo al film potrebbe tranquillamente essere : " come rovinare con tre scellerati ultimi minuti una pellicola che complessivamente avrebbe potuto essere più che discreta".
E non si tratta solo di una valutazione su un finale assolutamente incoerente, è la constatazione di come sia possibile utilizzare un registro narrativo totalmente assente per tutto il film per portare al termine una storia che si svolge su tutti altri binari.
Questo perchè la storia raccontata, seppur priva di originalità, qualche bel momento lo regala aleggiando su atmosfere da thriller giocato su ambientazioni gangsteristiche.
Doo-hun è un boss avviato sul volontario viale del tramonto, attratto più dalla cucina e dal progetto di aprire un ristorante, Se-bin è una giovanissima killer per necessità, un tempo grande promessa del tiro costretta, dopo varie vicissitudini, a prestare la sua opera alla malavita e a cui viene commissionato l'omicidio proprio di Doo-hun.
I due si conoscono "casualmente" ad un corso di cucina mettendo subito a confronto, tra tegami e ricette, le loro solitudini e la loro esistenza legata mani e piedi ad ambienti da cui vorrebbero fuggire.
Quando l'ex boss di Doon-hun muore assassinato, la guerra che si scatena per il controllo delle bande fa ricadere obtorto collo l'uomo nell'ambiente malavitoso dal quale avrebbe voluto fuggire.
Il vecchio e abusato ma sempre valido topos cinematografico del rapporto vittima-carnefice anche in Hindsight si sviluppa fino alle estreme conseguenze: la killer che dovrebbe uccidere l'obiettivo mescola il lavoro coi sentimenti, l'uomo sa ma vuole credere che non accadrà, gli eventi si sovrappongono, la guerra tra bande va avanti e la resa dei conti avviene in quello che avrebbe potuto essere un finale anche valido in mezzo alle saline.
Poi quel deleterio finale appiccicato con una colla di dozzinale qualità che sembra uscito dalle peggiori commediole americane con tanto di baci, abbracci, sole, mare e capanni in riva alla spiaggia, un deus ex-machina assolutamente indesiderato che toglie solo senza regalare nulla alla storia.
Se certe ambientazioni da noir appaiono abbastanza ben costruite, così come i due personaggi principali e qualcuno di contorno (la spietata boss, il fido braccio destro sfregiato), il film nel suo complesso zoppica spesso, perdendo per strada il ritmo e il filo del discorso; nonostante ciò , grazie anche ad una regia che fa dell'eleganza di alcune atmosfere il cardine principale, tutto sommato il film si lascia vedere, soprattutto quando va a scrutare lo strano rapporto che si crea tra killer ed obiettivo.
Song Kang-ho , come sempre bravo, ci mette molto del suo nel tratteggiare bene i contorni di Doon-hun, mentre Shin Se-kyung sfrutta molto bene la sua apprezzabile avvenenza senza però dare troppa sostanza alla figura della giovane killer racchiusa nella sua gabbia.
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