Giudizio: 6.5/10
A cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80 Marsiglia era la capitale mondiale del traffico di eroina che in quegli anni viveva il suo tragico boom di consumo, le rotte della droga che partivano dall'oriente facevano tappa in Costa Azzurra dove le raffinerie preparavano la merce pronta al consumo da spedire in America.
Marsiglia insomma come la Chicago dei primi anni del Novecento: la malavita organizzata dominava la città ed era una sorta di enclave del malaffare con le istituzioni che nel migliore dei casi erano impotenti.
Il Cinema che è sempre stato attento a questi fenomeni storico sociali ha dedicato a quel periodo un fiume di pellicole, alcune delle quali entrate di diritto nella storia contrassegnando un genere , il poliziesco francese appunto.
Il lavoro di Cedric Jimenez, qui alla sua opera seconda, inevitabilmente volge lo sguardo indietro a 40 anni fa e a quei lavori si ispira in una sorta di rivisitazione-omaggio: è proprio The French Connection ( Il Braccio Violento della Legge) di William Friedkin il modello più spontaneo cui rimanda il film , sebbene il lavoro del regista americano posava più sullo sguardo delle diramazioni negli USA del Clan dei Marsigliesi.
Il film di Jimenez si incentra in maniera quasi ossessiva sul confronto-scontro tra il giovane giudice Pierre Michel, idealista incorruttibile mandato sul campo dopo averlo strappato al Tribunale minorile e Tany Zampa gran capo dei Marsigliesi, padrone della città e dei loschi traffici; quando qualche crepa si insinua nell'organizzazione a causa di una guerra interna il giudice è pronto a sfruttare la situazione per lanciare la sua sfida.
Come tante storie a noi tristemente note però Michel ben presto si renderà conto della tela di connivenze di cui può godere la malavita in seno alle autorità cittadine, al governo e persino nella polizia dove spadroneggiano i fiancheggiatori corsi del clan.
Il volere mettere al centro del racconto le due figure antagoniste toglie molto smalto a quelle che per tradizione nel poliziesco, non solo francese ma anche nel nostro polizziottesco che nello stesso periodo viveva il suo fulgore massimo e per finire ai noir polizieschi americani anni 50-60, erano le figure collaterali, i caratteristi di cui si nutriva quel genere: ne risulta un lavoro che , sebbene efficace per alcuni versi, manca di quella cupezza che ti aspetti da un poliziesco sugli anni 70-80.
Probabilmente riesce ad evitare la pericolosa trappola della mitizzazione glamour in cui sono caduti molti dei recenti lavori italiani sui temi della malavita (Romanzo Criminale e Gomorra la serie), ma non può certo definirsi film di denuncia o lavoro storico di cronica; French Connection appare più come un accurato revival degli anni 70 costruito con scrupolo senza tralasciare nulla (auto, abiti, capigliature e accessori, linguaggio) che passa attraverso l'omaggio ad un genere che in Francia ha avuto un enorme successo e che qualcuno, con risultati scadenti a dire il vero, cerca ancora di mantenere in vita.
Comunque la pellicola ha il suo valore, al di là di alcune cose poco convincenti che abbiamo detto, soprattutto per la costruzione dei due personaggi che monopolizzano la storia, ruoli affidati a due tra gli attori più carismatici del momento in Francia: Jean Dujardin nel ruolo del giudice e Gilles Lelouche in quello del gangster, un confronto che vuole mostrare il tormento dai due lati della barricata che in certi momenti sembra addirittura avere la stessa matrice .
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