venerdì 21 settembre 2018

Un affare di famiglia [aka Shoplifters] (Koreeda Hirokazu , 2018 )



Shoplifters (2018) on IMDb
Giudizio: 8/10

Con la conquista della Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes anche Koreeda Hirokazu entra finalmente nell'Olimpo dei grandi registi contemporanei: 27 anni di carriera da cineasta caratterizzati da 18 lavori trovano il loro riconoscimento a livello di grande rassegna cinematografica e di pubblico più vasto grazie a Un affare di famiglia; e come spesso accade, soprattutto per gli autori orientali, vedi Lav Diaz l'anno scorso alla Mostra Cinematografica di Venezia, il riconoscimento non arriva di certo col migliore film della vasta cinematografia dell'autore giapponese.
Un affare di famiglia, titolo molto poco convincente scelto per la distribuzione italiana, è lavoro che presenta molte delle tematiche care a Koreeda, seppur trattate e sviluppate con una spontaneità e una originalità inferiore ai suoi migliori lavori.


In una casa tradizionale giapponese fatiscente della periferia vive un curioso nucleo famigliare composto da una anziana donna , due sue nipoti, il convivente di una di esse ed un ragazzino senza genitori; sbarcare il lunario non è semplice perchè l'unico vero introito sicuro è la pensione della anziana donna, visto che gli altri componenti della piccola comunità svolgono lavori precari e ben poco retribuiti, motivo per cui la pratica del taccheggio nei negozi è diventata una metodica di sopravvivenza. Proprio al ritorno da una di queste spedizioni  l'uomo ed il ragazzino trovano per strada una bambina abbandonata e infreddolita cui offrono riparo nella loro casa.
La ragazzina porta addosso i chiari segni di maltrattamento oltre che psicologici anche fisici e quindi diventa ben presto un nuovo membro della famiglia, visto che nessuno ne ha denunciato la scomparsa e la ragazzina tutto vuole tranne che tornare dai suoi genitori.
Con una notevole maestria nel muovere la macchina da presa negli angusti spazi della casa Koreeda ci mostra sprazzi di vita di questo gruppo di persone, mettendoci un po' alla volta a conoscenza delle dinamiche che li hanno spinti a condividere lo stesso tetto, nonostante la mancanza di un vero legame famigliare: le giornate passano tra le difficoltà che una famiglia indigente incontra in una società come quella giapponese e i momenti di allegria fatti di piccoli gesti di pura e semplice umanità ed empatia, fino a quando a forza di scavare piano con una narrazione sempre misurata e in seguito ad un evento imprevisto le verità che si celano dietro le storie personali vengono drammaticamente a galla.
Anche in Un affare di famiglia quello che è il tema principale del cinema di Koreeda , la famiglia e le sue dinamiche più imprevedibili e nascoste, viene svolto con  la consueta passione narrativa e come per il precedente The Third Murder, si affida al colpo di scena , sebbene non in chiave thriller, per risolvere alcune situazioni; semmai va notato come negli ultimi lavori, a partire da  Like Father, Like Son, l'attenzione del regista si sposta maggiormente su una concezione diversa della famiglia intesa in senso stretto; se la famiglia tradizionale può essere il grembo dove covano i drammi di Nobody Knows, quella considerata in senso più lato come nucleo nel quale volontariamente si ci rifugia, a prescindere dai legami famigliari in senso stretto, per trovare un luogo che possa trasmettere calore umano, diventa invece un concetto che travalica quello tradizionale di famiglia.
Nel nucleo di persone che vivono nella vecchia casa i legami sono quasi tutti "di fatto", in assenza di un vincolo di sangue, di una gerarchia matriarcale o patriarcale, producono situazioni che risultano a loro volta difficili da affrontare in assenza di precise figure famigliari, ma soprattutto , con lo squarciarsi del velo che copre le esistenze dei protagonisti, anche questi legami mostrano tutta la loro labilità, perchè dipendenti dalla natura umana che di per sè è mutabile , incapace di mostrare sempre la stessa faccia.
Koreeda grazie ad un racconto che procede sempre in modo convincente, mostra le dinamiche intime di questa famiglia sui generis e ci offre al contempo lo specchio nel quale riflettere le nostre esistenze  e le nostre difficoltà ad interagire con gli altri.
Se da un lato il regista giapponese riesce a fondere in maniera convincente le atmosfere drammatiche di Nobody Knows, lavoro al quale non si può non pensare, con quelle più leggere che scaturiscono dal racconto della vita quotidiana della "famiglia", dall'altro Un affare di famiglia mostra un piccolo difetto che però nel cinema di Koreeda appare evidente: nei suoi lavori migliori la storia scorreva come fosse animata di vita propria, molte cose rimanevano sospese, i contorni del racconto rimanevano piacevolmente sfumati; qui assistiamo da parte del regista ad un lavoro certosino di incastro e di armonizzazione della storia, la costruzione di un monolitico racconto che non mostra crepe e che fa andare ogni pezzo al suo posto; il tutto avviene in maniera tecnicamente impeccabile, ma l'impressione è quella di una storia che perde un minimo di naturalezza.
Probabilmente è queso aspetto che ha permesso di rendere Un affare di famiglia lavoro più facilmente fruibile, giuria di Cannes in primis con ogni certezza, e ne ha permesso il trionfo sulla Croisette, premio che comunque il regista giapponese merita ampiamente per quanto ha saputo fare nella sua quasi trentennale carriera.
Lily Franky è la solita maschera che stavolta si erge ad attore protagonista riuscendo ad essere sempre convincente, Ando Sakura conferma tutto il suo smisurato talento che ne fa una delle attrici più brave del cinema giapponese, la compianta Kiki Kirin, da poco scomparsa, una coppia di ragazzini come sempre azzecatissima  e Matsuoka Mayu completano un cast molto ben amalgamato.



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Condividi