Giudizio: 7.5/10
Uno degli episodi di cronaca nera più efferati avvenuti in Bosnia nel dopoguerra è il centro del racconto del film del regista bosniaco Faruk Lončarević, presentato in anteprima al Trieste Film Festival, un racconto dietro al quale si cela, e neppure con troppo mimetismo, uno sguardo piuttosto severo sulla società bosniaca recente e sulla sua storia.
La protagonista è Aida una giovane operaia che ha da poco rotto i rapporti col suo fidanzato coetaneo Kerim, un violento e instabile psicologicamente molto vicino alla malattia mentale vera e propria; la donna cerca una nuova vita con il suo nuovo fidanzato, di alcuni anni più anziano di lei e che tenta anche di proteggerla dalle manovre da stalker che l'ex fidanzato mette in atto.
Desiderosa di cambiare vita Aida vorrebbe abbandonare la fabbrica dove lavora all'interno della quale si mescolano le storie di tutti i giorni delle operaie, tutte ben lungi dall'esser l'emblema della felicità e della realizzazione.
Decisa a mettere fine una volta per tutta alle persecuzioni di Kerim , Aida accetta di incontrarlo per dare il taglio definitivo, ma questo si rivelerà presto una trappola micidiale dalla quale la ragazza non riuscirà a fuggire.
L'intento del regista appare quello di raccontare uno spaccato di una società bosniaca contemporanea nella quale le inevitabili ferite della guerra sono ancora fresche e all'interno del quale si inserisce una storia di violenza sopraffazione e disprezzo della quale è vittima Aida, donna in cerca di emancipazione da vecchi schemi semi-tribali e per questo facile bersaglio.
Soprattutto in un finale che da un lato appare raggelante e dall'altro però un po' troppo pretenzioso, tutto sembra convergere in una descrizione di un mondo ancora minato dalla violenza , lungo strascico degli eventi storici recenti.
E' la atroce storia di Aida un qualcosa che possa in qualche modo presentare un legame con le atrocità della guerra? Il lungo finale, all'apparenza piuttosto inorganico, sembra propendere per questa teoria: un paese che ancora non è riuscito a darsi delle regole civili e ad assicurare una vita dignitosa; negli stessi giorni in cui si consuma il dramma di Aida il tribunale dell'Aja condanna Radovan Karadzic a 40 anni di galera per crimini di guerra e il resoconto del processo da fa da sottofondo al finale del film e alla storia della ragazza.
Va detto per onestà che il finale del film può apparire piuttosto forzato, proprio perchè il legame tra la Storia e la misera storia di Aida appare artificioso, ma se lo consideriamo nel complesso dell'opera di Lončarević, è chiaro che questa scia di morte appartiene alla visione personale dell'autore.
La scelta stilistica del regista influisce pesantemente sul film: lunghi piani fissi, spesso ad inquadrare qualcosa di lontano, un piccolo movimento , un dettaglio, a volte nulla in attesa del prossimo quadro che conferiscono al film una staticità e un ritmo lentissimo in alcuni momenti persino estenuante; nonostante ciò la scelta di ripresa trova una sua ragione proprio perchè serve ad imprimere quanto sta accadendo, un mezzo per esaltare il messaggio dell'immagine.
So She Doesn't Live è film non semplice , proprio per la cifra stilistica che lo connatura, è lavoro durissimo, dal quale emerge una violenza brutale , primordiale, pura che a tratti è difficile da sopportare, scolpisce uno spaccato di una società dove l'etica sembra ancora qualcosa di superfluo e dove i fantasmi del passato recente sembrano perpetuarsi in una scia di morte e di violenza che dipinge di tinte cupe un presente carico di incertezze; nel suo complesso comunque l'opera di Faruk Lončarević , pur con qualche aspetto non pienamente convincente, ha diversi pregi e riesce a raccontare con grande forza ed efficacia una storia di violenza estrema, affidandosi ad un coraggioso stile personale e a una visione improntata all'onestà intellettuale.
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