domenica 24 agosto 2025

Sotto le foglie [aka When Fall is Coming] ( François Ozon , 2024 )

 




When Fall Is Coming (2024) on IMDb
Giudizio: 8/10


Michelle, anziana vedova che vive nella campagna francese, divide le giornate tra la cura della casa e del giardino e l’amicizia con Marie-Claude, vicina di lunga data, madre di Vincent, un ragazzo che sta per uscire dal carcere dopo piccoli reati. 
Michelle ha un rapporto difficile con la figlia Valérie, donna divorziata, e riversa tutto il suo affetto sul nipote Lucas, un ragazzino che adora la nonna e ne è il centro di gravità. Quando Vincent torna in libertà, Michelle lo accoglie assumendolo come giardiniere. Il giovane, riconoscente, decide di aiutare la donna tentando una mediazione con Valérie per ricucire la frattura familiare. Ma durante l’incontro , Valérie muore precipitando dal balcone. Per alcuni un tragico incidente, per altri un gesto che nasconde ambiguità. L’equilibrio fragile tra colpa, perdono e seconda possibilità si incrina definitivamente, mentre il destino dei personaggi rimane sospeso tra la condanna sociale e l’illusione di una riconciliazione.
François Ozon, con When Fall Is Coming, realizza un film che si inserisce nella tradizione del dramma-thriller della provincia francese, capace di alternare la delicatezza dei gesti quotidiani e la durezza dei conflitti familiari. 
L’autunno del titolo non è soltanto una cornice stagionale, ma un vero e proprio stato d’animo: le foglie che cadono, i campi in riposo, la luce obliqua diventano specchio della fragilità dei rapporti umani e della loro precarietà.
Il cuore del film è l’ambiguità: la morte di Valérie ha solo un testimone sul quale grava il peso del suo passato prossimo segnato dal carcere e resta sospesa tra caso e colpa. Ozon evita di dare una risposta definitiva, l’incidente diventa così un prisma che riflette i timori e i pregiudizi dei vari personaggi. Vincent, ex detenuto appena reinserito, è il primo a cadere sotto il sospetto, anche solo per il suo passato; Michelle oscilla tra l’amore incondizionato per il nipote e la colpa per non aver saputo sanare prima lo strappo con la figlia; la comunità circostante si fa giudice silenzioso, pronta a emettere verdetti senza prove; ma soprattutto , grazie alla sua narrazione precisa e tagliente che spande sul film il seme del dubbio che si trasforma lentamente in tensione, Ozon sembra costruire un ambiente nel quale vanno a convergere personaggi distanti tra loro ma che comunque sembrano uniti  sotto una sorta di famiglia surrogata protettrice che va a sostituire e se necessario a distruggere quella tradizionale.



La colpa attraversa il film in più strati: individuale, familiare, comunitaria. Ozon lavora con grande sensibilità sulla dimensione religiosa della colpa: i riti cattolici, i funerali, le immagini sacre nelle case rurali sono costanti richiami a un’idea di peccato che non si cancella, ma può essere affrontato. 
La redenzione non è mai scontata, Vincent cerca di riparare attraverso gesti di lavoro, di servizio, di ascolto; Michelle, invece, è chiamata a guardare in faccia il fallimento del suo ruolo materno. 
L’autunno diventa quindi la stagione della resa dei conti: niente fioriture improvvise, ma la lenta consapevolezza che ciò che è caduto può solo trasformarsi in humus per qualcosa di nuovo.
Lucas, il nipote, rappresenta il futuro che osserva gli adulti e ne subisce le conseguenze. Il suo sguardo innocente interroga le bugie e i silenzi, e diventa la posta in gioco più alta: che tipo di eredità emotiva riceverà? 
Ozon affronta con tatto il tema dell’educazione dei figli: protezione e verità si scontrano, mostrando come la crescita passi non dal silenzio ma dall’assunzione del dolore. Lucas impara che la vita non è fatta di certezze, ma di zone grigie, e che proprio in quelle ambiguità si misura la possibilità di diventare adulti.
Il film si interroga sul tema cruciale del diritto a una seconda possibilità: Vincent, con il suo passato carcerario, incarna la figura del “colpevole già giudicato” che fatica a reinserirsi in una comunità pronta a ricordargli i suoi errori. Ozon non costruisce un ritratto agiografico, ma mostra la fatica quotidiana del reinserimento, la diffidenza sociale, la necessità di guadagnarsi ogni gesto di fiducia. 
Il film non dà risposte univoche, ma lascia emergere una tensione etica: negare la possibilità del cambiamento equivale a condannare all’eterna recidiva; concederla significa accettare il rischio dell’errore.
Il film dialoga con il cinema di Claude Chabrol, maestro indiscusso di quel cinema al quale spesso Ozon volge lo sguardo: l’ambientazione rurale, non idilliaca, ma segnata da convenzioni sociali, sguardi indiscreti, pettegolezzi che diventano giudizi, le dinamiche familiari con il pranzo in casa, il cortile come centro del microcosmo e la cucina come luoghi di confronto e di segreti taciuti, la suspense morale, traino poderoso della riflessione sulla responsabilità dei gesti compiuti ; più che sul “chi ha fatto cosa”, il film insiste sul “chi è responsabile” e su quanto il giudizio sia legato alle apparenze.
Ozon si differenzia da Chabrol nella ricerca di una nota più compassionevole: là dove Chabrol era spesso implacabile, Ozon concede ai suoi personaggi la possibilità di un riscatto, pur senza mai edulcorare la durezza della realtà.
Con When Fall Is Coming, Francois Ozon torna a temi che percorrono gran parte della sua filmografia: la fragilità delle relazioni familiari (Sotto la sabbia), la presenza della morte come catalizzatore (Il tempo che resta), la religione come spazio problematico di colpa e perdono (Grazie a Dio). Qui tutto confluisce in una narrazione sobria e concentrata, che sceglie l’intimità della provincia come specchio delle grandi domande morali.
La regia lavora per sottrazione: piani fissi, ellissi che spostano i momenti decisivi fuori campo, fotografia che privilegia i colori caldi e terrosi dell’autunno. È un cinema che non urla, ma sedimenta, che non chiude con risposte ma con domande.
Ozon firma così un’opera capace di parlare dell’ambiguità senza condannarla, di mettere in scena la colpa senza semplificarla, e di mostrare che la redenzione, se mai arriva, non è un dono immediato, ma un lento processo di responsabilità reciproca.


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