mercoledì 6 aprile 2011

Blind mountain ( Li Yang , 2007 )

Giudizio: 7.5/10
Un mondo buio e senza speranza


Aveva già entusiasmato tutti con l'opera prima Blind Shaft, subito etichettata come epigono del neorealismo cinese più crudo, passata attraverso le traversie della censura, cosa che attribuisce le stigmate di opera gradita agli ambienti festivalieri occidentali, e prosegue sullo stesso binario Li Yang anche con il secondo lavoro, Blind mountain, storia drammatica , grondante tragedia , ambientata nella lontana provincia rurale cinese agli inizi degli anni 90.
La denuncia che in Blind Shaft era rivolta verso il sistema di lavoro nelle miniere, in questo film si rivolge all'usanza, (pare) piuttosto comune ancora oggi in certe zone periferiche dell'enorme paese, del traffico di ragazze da vendere come spose.
In uno sperduto villaggio pedemontano di contadini la giovane Bai Xumei, appena laureata e ansiosa di aiutare econimicamente la famiglia indebitata, viene raggirata e venduta a sua insaputa ad una famiglia di contadini per andare in sposa al figlio maschio.

La ragazza cerca in tutti i modi di sottrarsi e di fuggire ma ogni tentativo si infrange sulla grettezza e sulla violenza della famiglia e della comunità intera, portandola a scoprire un mondo fatto di sopraffazione e di ignoranza, legato al denaro in maniera ossessiva, immerso in un grigiore e in uno squallore cui neppure gli splendidi paesaggi montani riescono a regalare un minimo di luce.
Finale (travagliatissimo per opera della censura) secco, tagliente come la mannaia che vediamo abbattersi negli ultimissimi fotogrammi, che non lascia spazio a nessuno spiraglio di ottimismo.
Girato con quasi maniacale attenzione rispetto al mondo rurale e alle sue abitudini cadenzate dal ritmo delle stagioni, il film è di quelli che fa crescere l'angoscia in maniera lenta ma inesorabile, grazie ad una regia misurata e rigorosa non  lascia spazio al facile sdegno, si erge quasi a trattato antropologico nel tentaivo di raccontare un mondo arcaico dominato da regole e leggi quasi tribali in cui c'è spazio solo per la terra da coltivare e per le tradizioni da tramandare con forza e con grettezza in cui sono l'ignoranza e il tornaconto gli unici cardini che tengono in vita la comunità.
La figura di Bai Xumei, disposta a sacrificare tutto pur di abbandonare quel luogo così distante dalla sua sensibilità e dalla sua cultura, si contrappone in maniera quasi patetica all'ambiente circostante ed i suoi vani tentativi di fuga , ricorrendo ad ogni mezzo, fanno crescere verso di lei una forte pietà da parte dello spettatore.
Anche questo lavoro di Li Yang ha subito pesanti pressioni da parte della censura che ne ha ritardato l'uscita di quasi tre anni, ed in effetti il senso di ignavia e di ineluttabilità che avvolge tutta la vicenda non poteva certo essere visto di buon occhio dalle autorità.
Pur non raggiungendo i livelli di Blind Shaft, anche questo lavoro è comunque valido, soffrendo però di qualche incertezza nella parte centrale in cui sembra avvolgersi un po' troppo su stesso, ed il finale , così improvviso e tragico, dona comunque un ultimo sussulto ad una storia in cui cattiveria ed ottusità regnano sovrane.

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