martedì 18 ottobre 2011

Late Autumn ( Kim Tae-yong , 2010 )

Giudizio: 7.5/10
Quando due solitudini si incontrano

Remake di un lavoro del regista Lee Man-hee, autore apprezzato degli anni 60-70, andato irrimediabilmente perduto e di cui esiste anche un altro remake negli anni 80 da parte di Kim Ki-young, Late Autumn, terza opera di  Kim Tae-young, uno tra i più apprezzati registi coreani della nuova generazione che esordì con Memento mori, sicuramente il miglior capitolo della saga Whispering Corridors, è un lavoro che nasconde una certa ambizione e che, pur rimanendo in tutto e per tutto un'opera coreana, sceglie Seattle come ambientazione ( a detta del regista perchè per una storia triste serviva una città triste e nebbiosa) e si affida ad una accoppiata atipica composta dalla attrice cinese Tang Wei e dal corano Hyun Bin.

Il film presentato a Roma nel corso della XII edizione di Asiatica, alla presenza del regista e dell'attrice protagonista, è fondamentalmente una storia di emarginazione, accentuata dal fatto che i due protagonisti sono degli immigrati, braccati entrambi: Anna dalla sua solitudine e dal peso di una vita distrutta da un rimpianto sentimentale, dalle violenze del marito e dal conseguente omicidio di quest'ultimo per mano sua, Hoon rincorso da un marito geloso che vuole vendicare il tradimento della moglie con il giovane coreano che per mestiere fa il gigolò.
I due personaggi sono esattamente agli antipodi come carattere: lei silenziosa, cupa, quasi estranea alla realtà che la circonda con la quale entra in contatto per sole 72 ore, il tempo di un permesso che le concede il carcere per presenziare al funerale della madre morta; lui spavaldo, perennemente col sorriso, un po' cialtrone, ma essenzialmente disperso nel mare magnum di una solitudine dalla quale ormai non riesce a liberarsi.
L'incontro tra i due darà vita ad una serie di inevitabili dinamiche fatte di silenzi, sguardi, abbracci, contatti fisici fugaci,sogno, rabbia e dolore che potremmo un po' semplicisticamente definire una storia di amore improvvisa e limitata in uno spazio temporale brevissimo.
Il tempo con il suo scorrere immutabile è uno dei temi della storia, accanto all'incontro di due storie distanti  tra di loro ma che finiscono, quasi inevitabilmente, per toccarsi; il tempo che  appare quasi come uno spazio da riempire in qualche modo per dare un senso concreto a due esistenze che sembrano scorrere senza sussulti e senza emozioni.
Pensare ad Autumn Late come solo ad un film drammatico è però errato: il regista, e qui sta la sua bravura che dimostra un talento sicuramente prolifico, sa miscelare con precisione momenti divertenti e sussulti drammatici in maniere fortemente dicotomica: si passa dal riso al pianto nell'intervallo di un battito di ciglia (esempio lampante la scena del pranzo dopo il funerale, una delle più riuscite di tutto il lavoro) e il regista stesso è convinto di avere diretto un lavoro che non è necessariamente drammatico, come ha dichiarato al termine della proiezione, così come non è esattamente vero considerare Autumn Late un film basato su una storia d'amore; in effetti quello che emerge maggiormente è un contatto tra due mondi che trovano nella loro solitudine e nella loro incapacità a relazionarsi con l'ambiente esterno un terreno su cui fondersi vicendevolmente.
Pur soffrendo in qualche momento di quel vizio atavico di gran parte del cinema coreano di specchiarsi in se stesso senza alcun costrutto e pur presentando un epilogo che sembra dilatarsi un po' troppo, il film è un lavoro apprezzabile, soprattutto grazie ad una regia ben calibrata che riesce a coniugare in maniera armonica le varie anime che percorrono il lavoro stesso e per merito anche dell'interpretazione dei due attori principali: Tang Wei che riesce a far parlare in maniera misurata ed efficace il suo volto, disegnando un personaggio bello nella sua drammaticità, cui fa da contraltare Hyun Bin in un ruolo da gigolo ricco di ironia ma al contempo visibilmente perso in una profonda solitudine da emarginato.

Pubblicata anche su AsianWorld.it

2 commenti:

  1. Allora anche in Asia si fanno remake! XD

    Scherzo.
    Era per introdurre due parole, visto che purtroppo della maggior parte dei film da te recensiti con conoscevo nemmeno l'esistenza.
    Però mi sa che metterò il tuo blog tra i preferiti, così da consultarlo per seguire la passione per il cinema asiatico!

    Saluti.

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  2. Altro che se li fanno, ora fanno i remake anche dei film americani (spesso con risultati superiori, vedi il remake di What women want) :)
    Benvenuto/a, verrò a farti visita.

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