Ritratto di rivoluzionaria con azione
Nell'anno delle celebrazioni per il centenario della nascita della Repubblica in Cina, Herman Yau sceglie di omaggiare una delle figure eroiche che di quegli eventi fu una delle antesignane, la rivoluzionaria-poeta-femminista antelitteram Qiu Jin che a soli 31 anni fu giustiziata in seguito ad una rivolta nella provincia di Zhejiang contro il potere imperiale corrotto.
Il lavoro di Yau però riesce ad andare oltre il fatto puramente storico-biografico, riuscendo a confezionare una buona pellicola che offre diverse riflessioni su varie tematiche.
Tutto il film è un unico flash back filtrato attraverso i ricordi della donna in prigione durante il processo che la portarà a morte, a partire dall'infanzia in cui mostra già il suo tenace carattere e la sua indipendenza rifiutandosi di sottoporsi al mutilante rito della fasciatura dei piedi, reclamando per se stessa le medesime opportunità che venivano offerte allora ai maschi e diventando esperta di arti marziali.
E poi il viaggio in Giappone dove entra a far parte dei circoli intellettuali che si battono per l'eguaglianza sociale delle donne, la sua attività di poetessa e scrittrice, l'incontro con Xu Xilin , fervente rivoluzionario anch'egli ed infine il ritorno in Cina per guidare la rivolta contro il potere Manciù.
Nella solitudine della cella, tra una tortura ed un altra, tutti gli eventi della sua vita vengono rivissuti come un ricordo, destando tra l'altro il turbamento nel magistrato che dovrà, suo malgrado, mandarla a morte e l'epilogo con la pubblica esecuzione scivola sulle immagini della sua tomba , ai bordi del lago.
Indubbiamente il film ruota intorno alla figura epica di Qiu Jin, personaggio che ancora oggi in Cina è considerato alla stregua degli reoi più importanti, ma Herman Yau riesce sapientemente ad evitare quel tono apologetico che altri lavori recenti hanno utilizzato, preferendo guardare al passato più come ad una ricerca di ideali che sembrano essere andati persi nella Cina moderna che come ad una epopea esaltante , evocando il sogno come fabbrica di idee da concretizzare nel futuro, enfatizzando semmai la forza anticipatrice e pioneristica delle idee rivoluzionarie scrutata sotto la metafora delle stelle e la potenza dell'arte intesa come traino per l'indipendenza di pensiero.
Non dimentica inoltra il regista la sua discendenza dal genere action movie di cui è stato un fin troppo prolifico protagonista, arricchendo il film con scene d'azione fatte di combattimenti a mani nude in perfetto stile kung fu, facendo dimenticare il molto poco convincente lavoro precedente su Ip Man.
Anche nei momenti in cui manca l'azione il film ha un suo ritmo che accompagna per tutta la durata la visione e che si avvale anche di personaggi secondari ben delineati che orbitano intorno alla figura di Qiu Jin, di cui il regista , anche grazie alla ottima prova di Huang Yi, costruisce un vivido e forte ritratto.
Il resto del cast è pienamente all'altezza della protagonista grazie alla buone prove di Kevin Chang, Pat Ha, Dennis To , Suet Lam e del solito grande Anthony Wong che ottimamente si adatta ad un ruolo lontano dai suoi abituali personaggi nella parte del magistrato Li.
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