Il neorealismo di Zhang Yimou
Premiato con il Leone d'oro a Venezia nel 1999 , dopo essere stato rifiutato da Cannes, Not one less, tratto da un racconto di Si Xiangsheng di due anni precedente, è un lavoro unico nel suo genere all'interno della vasta produzione di Zhang Yimou: la forte impronta neorealista, sottolineata in maniera netta dalla scelta del cast anzitutto, tutti attori dilettanti, miscelata con le tematiche care al regista in quell'epoca artistica, fanno del film un esempio di racconto pedagogico, influenzato dalla scelta politica cinese degli anni 90 di intraprendere una vigorosa campagna di alfabetizzazione che lavasse via la piaga dell'analfabetismo retaggio della Rivoluzione Culturale in cui furono proprio gli insegnanti i più perseguitati fino a far quasi scomparire questa figura tradizionalmente molto importante nella società cinese, soprattutto rurale.
La storia narra di una ragazzina,Wei, chiamata a sostituire temporaneamente il maestro titolare di un villaggio dello Hebei; inizialmente la tredicenne, non mostra grande entusiasmo per il suo incarico, nonostante le raccomandazioni del maestro in partenza, più interessata a riscuotere i 50 yuan promessi per l'incarico, ma dapprima su sollecitazione del capovillaggio e poi degli alunni stessi, Wei inizia a rendersi conto del ruolo; inoltre il patto col maestro titolare prevede che al suo ritorno non dovrà mancare nessuno degli alunni che lui le lascia.
La ragazzina ha carattere deciso, volitivo e testardo e quindi con il tempo inizia a calarsi nel suo ruolo in maniera decisa, fino ad ergersi a difensore dei piccoli alunni, in special modo di uno, costretto a fuggire in città per racimolare i soldi per la madre malata.
Wei si carica addosso la missione di riportarlo a casa, conquistando così quello status di maestra che le rende gli onori del caso.
Tutta la parte che si svolge nel villaggio è molto ben costruita: personaggi, usanze, colori e situazioni sono vividissimi e danno, come per il seguente The road home, uno spaccato molto efficace delle comunità rurali cinesi; inoltre qualche accenno sparso in maniera vaga segna già la fine del socialismo maoista per far posto a quello capitalista ( i fondi per la scuola che mancano, non c'è più il trattore del villaggio, ma solo quelli privati, il legame coi soldi), ma è soprattutto la straordinaria carrellata di ragazzini , compresa la maestrina, che donano una spontaneità e un verismo che diverte e affascina.
L'aver sposato in maniera completa la politica di alfabetizzazione del governo da parte del regista, fa sì che soprattutto nella seconda parte, e in maniera simbolica, nel finale, siamo vicini all'apologia con un epilogo che vuole trasmettere una serie di messaggi subliminali (ma neppure troppo) soprattutto riguardo al ruolo della TV; peccato, perchè la scelta di far approdare il film ad un finale non tanto buonista, quanto "spettacolarizzato" toglie molto della semplicità che si fa poesia che aveva pervaso il resto del racconto.
Il film nel complesso è bello, bellissimo se si considera la prima parte soltanto, lascia l'amaro in bocca solo per le scelte finali che , purtroppo, vanno a scolorire il ritratto abbagliante che Zhang Yimou aveva dipinto, anche per noi italioti ormai da decenni tempestati, e probabilmente mitridatizzati, dalla TV psudobuonista stile Carramba.
Lo stile neorealista scelto è sicuramente l'aspetto più bello e interessante del film che sembra quasi volere raccontare silenziosamente scene di vita quotidiana senza alcuna mediazione, e in questo ci riesce benissimo divertendo e ispirando tenerezza versi i piccoli attori improvvisati ( la scena della fabbrica di mattoni, lo stupore davanti alle prime lattine di Coca Cola), a dimostrazione che quando un regista sa raccontare storie belle non ha necessariamente bisogno di budget sproporzionati.
Si fosse evitata la conclusione "televisiva" , probabilmente saremmo di fronte ad un altro capolavoro.
per me è uno dei suoi migliori...sulla conclusione televisiva probabilmente hai ragione ma secondo me non inficia il risultato finale, anzi pone ancora più in evidenza l'abisso che esiste tra la Cina rurale e quella urbana...un qualcosa che magari nei piani alti non volevano far vedere...
RispondiEliminaIl film per larga parte è un autentico gioiello a livello di The road home; senza volere obiettare nulla sulle scelte ideologiche del regista, il vero problema è la scelta narrativa con cui chiudere la storia che non mi è piaciuta per nulla, troppo "occidentale" se vogliamo; credo che invece ai "piani alti" il ruolo sociale svolto dalla TV di stato sia piaciuto molto :)
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