La ricerca della felicità
L'ultimo lavoro di Mike Leigh, senza dubbio il rappresentante di punta del cinema indipendente inglese, è stato considerato nel 2010 uno dei lavori più belli dell'annata cinematografica: in effetti Leigh mostra ancora una volta, dopo avere ricevuto vasti riconoscimenti in tutti i Festival più prestigiosi, di essere un grande scrittore di Cinema prima ancora che un regista apprezzato.
Another Year si basa su un testo molto bello , probabilmente poco funzionale ad una rappresentazione cinematografica, quasi un lavoro ad impronta teatrale in cui , come sempre, Leigh guarda con occhio acuto e al tempo stesso compassionevole alcuni aspetti del nostro vivere: quello che maggiormente risalta è proprio l'assoluta centralità delle figure umane che vivono nel film, al punto che tutto il racconto poggia su una trama esilissima quasi nulla che si impernia solo sullo scorrere del tempo scandito dalle stagioni.
In un anno assistiamo al racconto dell'esistenza di un gruppo di persone che ruota intorno alla figura centrale costituita da una coppia piccolo borghese di sessantenni, l'unica che all'apparenza si gode una vita tranquilla e serena , ricca delle sue piccole soddisfazioni.
La centralità della coppia è amplificata a dismisura dal totale contrasto rispetto agli altri protagonisti: l'amica sola e depressa, l'amico obeso, beone e inquieto, il fratello colpito dalla disgrazia famigliare, il figlio che cerca , nonostante l'età, una maturità che sembra piuttosto lontana.
L'incrocio di queste storie , fatte di dialoghi, stati d'animo, solitudini e tristezza da vita ad un affresco antropologico vivido in cui il vuoto esistenziale si sposa con l'alcool e l'impossibilità di avere una vita normale e felice diventa una ossessione vissuta in silenzio e con disperazione.
Come detto, ed è questo il vero ed unico limite del film, lo script non si sposa alla perfezione con un racconto cinematografico, perchè troppo spesso la verbosità, che non è assolutamente retorica nè ridondante, tende quasi a spostare la scena su un palcoscenico teatrale.
La sceneggiatura mostra quindi questa debolezza che si esplica anche in una certa ripetitività di situazioni, anche se va detto ad onore del regista e scrittore, non ci sono orpelli nè sovrastrutture, tutto è decisamente funzionale e privo di retorica.
Another year è l'ennesima conferma che Mike Leigh sa ben osservare e raccontare storie che sono sì molto british, ma al contempo vivono di una universalità assoluta, in cui al centro c'è sempre un essere palpitante immerso nel suo microcosmo personale.
Ricordo di averlo visto al cinema in v.o.s. e mi era piaciuto molto !
RispondiEliminaSecondo me lo script non è reso come dovrebbe semplicemente perchè è molto poco cinematografico e cade in frequenti ripetizioni; comunque è sen'altro un film che vale.
RispondiEliminaIn effetti il teatro è sempre presente nella realizzazione dei film di Leigh, prima di iniziare a filmare è a teatro che si svolgono le prove e gli attori imparano il proprio ruolo. La componente teatrale è fondamentale in ogni film di Leigh che io abbia visto, forse in questo ancora di più, ma non posso considerarlo un limite. Lo sguardo di Leigh per me è così acuto e penetrante da mettere in secondo, o terzo o quarto, piano qualsiasi difetto...
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