Giudizio: 8/10
La nascita di un (anti)eroe
E' questo il lavoro probabilmente più famoso di Aleksei Balabanov, quello che lo fece conoscere anche al di fuori della Russia e dei circuiti festivalieri, forte anche di una certa "convenzionalità" narrativa che apparentemente fa si che il film possa essere catalogato come un noir.
Se è vero che Brat si rifà in parte a modelli narrativi più lineari, come sempre nel cinema del regista russo c'è molto di più dietro alla storia, c'è l'istantanea di un Paese appena uscito dal Comunismo nel quale la logica dell'etica è praticamente assente.
L'ascesa del giovane Danila nell'ambiente malavitoso va di pari passo con la creazione dell'epica di un (anti)eroe, così romantico ma anche così oscillante tra il bene ed il male come un eroe di Dostoevskij. Danila , appena congedato da un esercito che ancora si lecca le ferite dell'umiliazione afghana, non ha nulla di meglio da fare che inseguire il fratello più grande che vive a San Pietroburgo ( o Leningrado come sovieticamente ogni tanto la sentiamo chiamare), millantandosi uomo d'affari, in realtà killer di mezza tacca che si dibatte tra mafiosi ceceni e russi.
Animato dal suo spirito giustizialista Danila si mette al servizio del fratello risolvendogli alcuni problemi, così come è capace di puntare la pistola in faccia a chi non vuole pagare il biglietto bus o a chi tiranneggia dei miseri venditori ambulanti, affronta senza paure, armato di una innocenza e di una lucidità mafiosi che parlano per proverbi e per metafore e ubriaconi violenti senza mai lasciare in disparte la sua passione per la musica.
Il percorso nella San Pietroburgo della mala e dei tram scoperchiati che viaggiano miseramente vuoti, dei giovani punk e dei circoli intellettualoidi, delle squallide periferie dalle strade scalcinate è l'inizio per Danila di una nuova vita, una sorta di rivalsa verso chi lo riteneva inutile a fare qualsiasi cosa, al massimo abile solo per la milizia, ricettacolo di falliti post comunisti.
Questo antieroe così dannatamente lontano dallo stereotipo gangsteristico, ma che coltiva un primordiale e fortissimo senso della giustizia, insegue la sua morale in modo quasi messianico, non dimentica gli amici, salva il fratello, vendica i soprusi e vola dritto a Mosca.
Balabanov racconta la storia di Danila con un approccio quasi neorealista, disegna un'ambientazione nuda , trainata solo dalla forza dei personaggi e degli avvenimenti, usa una tecnica che da un aspetto da cinema anni 70 con colori che virano al tetro nei quali si muovono personaggi squallidi e scorci urbani di degrado, regalando anche immagini di una forza bellissima (il ritrovo dei poveracci dentro al Cimitero ad esempio).
E' una Russia che barcolla dopo l'uscita dall'esperienza comunista, un paese dove solo per i gangster c'è soddisfazione, dove la perdita di qualsiasi riferimento e di qualsiasi sicurezza macera lentamente intere esistenze: il disegno di Balabanov è più simile ad una poesia che ad un film, o meglio è semplicemente un racconto per immagini che si fa poesia.
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