Dante Lam è una certezza, una delle non numerose che abitano il panorama cinematografico mondiale: siano essi thriller un po' sghembi come Stool Pigeon o action movie fracassoni come The Viral Factor il risultato è sempre un prodotto di come minimo buona qualità, che dimostra come il regista sia un rarissimo esempio di memoria storica dell'action movie di Hong Kong.
Il suo ultimo lavoro, That Demon within, arriva dopo il picchiaduro The Unbeatable e non solo sembra voler essere una fusione dei generi che si trovano agli antipodi uno con l'altro (il thriller psicologico e l'action movie) ma riesce anche ad arricchirlo con tinte quasi hitchcockiane, creando un film dove ci sono sì scazzottate, crudeltà e durezza variegate, auto che sfrecciano e che esplodono e sparatorie da far west metropolitano, ma anche una profonda e riuscita indagine psicologica frutto di un lavoro di analisi della mente umana e delle sue alterazioni dissociative.
Dave è un poliziotto che lavora nel Pronto Soccorso di un ospedale di Hong Kong, intuiamo subito che l'uomo è un tipo complesso, pieno di paure, paralizzato da qualcosa che lo tormenta senza fine; sarà lui, ignaro, a salvare donandogli il sangue , un gangster spietato capo di una banda che compie efferate rapine con una maschera demoniaca in faccia ( metafora, scopriremo presto, un po' dozzinale, ma efficace e funzionale al racconto).
Di pari passo con le indagini che la polizia e anche Dave da solo compiono per sgominare la banda, scopriamo un po' di più del suo passato, degli aspetti di una psiche chiaramente disturbata al limite della schizofrenia, fino ad arrivare all'inevitabile "spiegone" finale anche qui forse pleonastico ma di fatto inevitabile.
La forza di That Demon within risiede proprio nel giusto sovrapporsi di tinte da thriller che indaga la psiche con quelle più classicamente consone all'action movie Hkese: la discesa nel baratro della personalità di Dave si accompagna ad una storia dura, buia, in cui non c'è spazio per quella lealtà che nei film di 15-20 anni avevano anche i malavitosi, semmai c'è una prateria infinita narrativa in cui trova albergo la cattiveria e la crudeltà; altro aspetto sicuramente interessante della regia di Dante Lam è quello di creare un clima di tensione che si nutre essenzialmente di stratagemmi che sarebbero piaciuti tanto ad Alfred Hitchcock: il gusto di creare un esile trama di sospetto e di dubbi, lo specchiarsi del protagonista nelle sue paure e nei suoi disagi psicologici fanno sì che quello che d'impronta rimane più impresso nel film non sono le scene di fracasso selvaggio fatte di spari e di fuoco, bensì il dramma personale di Dave; l'ambientazione nella Hong Kong vecchia e popolare completa il quadro di una messinscena degna di nota.
Sebbene in questo caso lasci il palcoscenico a Daniel Wu come indiscusso protagonista, bravo nel manifestare l' irreversibile metamorfosi del protagonista in cerca di redenzione, il ghigno di un ottimo (ancora una volta) Nick Cheung è l'immagine che forse più colpisce in tutto il film.
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