Giudizio: 7/10
Paterson, New Jersey, città di 150 mila anime che come tante località americane ha la sua storia da raccontare: qui avvenne il triplice omicidio che portò in galera Rubin "Hurricane" Carter, il poeta William Carlos Williams, uno dei letterati più importanti del primo novecento, e Lou Costello della premiata ditta Gianni e Pinotto, nacquero in questa città, Gaetano Bresci, l'anarchico che nel 1900 uccise a Monza il Re d'Italia Umberto I, soggiornò a Paterson prima di compiere il regicidio.
E a Paterson vive Paterson, autista di pullman dei trasporti pubblici della città: un uomo mite, abitudinario di cui seguiamo una settimana di vita nel racconto costruito da Jim Jarmusch.
Paterson ha una bella e creativa moglie, Laura ( Petrarca è nell'aria...) che dipinge arredi casalinghi , si diletta con artistici dolci e che sogna di diventare cantante folk; ogni giorno che trascorre è uguale a se stesso: una sveglia interna lo mette in piedi ogni mattina intorno alle 6.30, la breve passeggiata tra le vestigia delle gloriose fabbriche di seta che fecero della città uno dei centri più importanti del mercato tessile, ormai in disuso, il pullman che aspetta nel garage, il breve scambio di battute col collega che ha sempre qualche guaio di cui lamentarsi e poi le corse in città con il pullman, l'orecchio teso ai dialoghi che avvengono tra i passeggeri, siano essi il racconto di due playboy da strapazzo o di due studenti anarchici seguaci di Bresci, la pausa pranzo di fronte alla cascata del parco, il ritorno a casa e la cena, il giro col cane fino al bar dove si consuma una birra tra storie di vita.
Ma Paterson ha un potere che gli rende la vita particolare: l'amore per la poesia che lo porta a comporre versi negli intervalli delle sue attività quotidiane e soprattutto ad avere una visione "poetica " della vita; tutto quello che per qualsiasi altra persona sarebbe causa di insoddisfazione e di noia per lui è profonda ispirazione.
Nella settimana di vita di Paterson che vediamo puntualmente scandita giorno per giorno e attraverso gesti che si ripetono quasi meccanicamente, sono incastonati i versi che il protagonista compone di volta in volta a formare le sue poesie: la moglie Laura è la sua musa, l'effige di Dante Alighieri lo accompagna sempre, conservata nel piccolo bauletto nel quale trova posto il pranzo, il suo sguardo poetico che vaga per la città cercando qualcosa che ispiri poesia laddove per chiunque altro sarebbe solo qualcosa di noiosamente abitudinario.
E quando avviene l'unico evento che sfugge dalla routine e che sembra voler schiacciare la vena poetica di Paterson, c'è spazio per un nuovo sguardo lirico che prende vita dal simpatico dialogo col turista giapponese sul finire del film.
Il lavoro di Jarmusch insomma è il racconto di un uomo dotato del dono della poeticità che gli consente di potere vedere tutto con uno sguardo obliquo e carico di ispirazione: persino la città nella quale vive, adiagiata nel suo provincialismo che rimanda però a vestigia di notorietà e di fama, ai suoi occhi sa regalare momenti di lirismo: persino gli aspiranti suicidi per amore vanno in giro con pistole che sparano tappi di sughero.
Paterson è un lavoro che ha i suoi pregi, soprattutto nelle premesse, anche se poi il prolungato e ripetitivo sguardo poetico alla fine tende a stancare nel suo essere fin troppo monocorde pur nel suo valido invito a guaradre la vita in maniera più defilata per trovare il bello e l'appagante anche nelle cose che ci appaiono troppo ovvie e sempre uguali: non occorre vivere una esistenza eroica o fortemente alternativa, basta guardarsi intorno nelle piccole cose per trovare la poesia della vita.
La prova di Adam Driver è degna di nota nella sua placida aderenza al personaggio che fa della poesia la sua visione del mondo; accanto a lui Golshifteh Farahani, nel ruolo di Laura, musa di Paterson, animata dal grande estro artistico.
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