Giudizio: 6/10
Un bellissimo quanto angosciante panorama estivo norvegese fa da sfondo a Bright Nights del regista tedesco Thomas Arslan, racconto che si muove con una certa fatica a dire il vero tra road movie e dramma personale.
Il protagonista, Michael è un ingegnere berlinese che si reca in Norvegia per il funerale del padre col quale non ha praticamente più rapporti da anni, la sorella, ancora carica di rancore verso il genitore, si rifiuta di accompagnarlo e la fidanzata proprio sul punto di partire gli comunica che andrà per un anno a Washington inviata dal giornale per cui lavora; ad accompagnarlo nel suo viaggio in Scandinavia c'è solo Luis il figlio adolescente avuto dal primo matrimonio che vive con la madre e che lui conosce pochissimo, il quale lo accompagna spinto solo dalla curiosità di vedere dove viveva il nonno.
Il viaggio nei perfetti canoni del road movie diventa una occasione per l'uomo per cercare di penetrare il muro di rancore che il ragazzo ha eretto verso di lui.
Per tutto il film il regista insegue il tentativo di armonizzare la natura che circonda i due viaggiatori col loro stato d'animo: strade dritte come fusi che attraversano foreste, paesaggi montani percorsi da strade che tortuosamente si arrampicano in mezzo la nebbia, la luce del sole che non tramonta quasi mai; un mezzo insomma per cercare di esprimere quanto i due non riescono a fare con le parole.
Per tale motivo la storia è ricca di silenzi, di sguardi, di battute secche, di gesti: la distanza tra padre e figlio è troppo ampia per essere colmata.
Bright Nights è soprattutto un lavoro sul rancore dei figli verso i padri che si perpetua tra le generazioni: Michael era lontanissimo dal padre fino alla morte , Luis è distante da lui nonostante i tentativi, spesso maldestri, messi in piedi per tentare di accorciare le distanze; la solitudine dei padri contrapposta al livore dei figli incapaci di perdonare le loro colpe.
Come è facile intuire il lavoro di Arslan non brilla certo di originalità: temi, situazioni ed ambientazioni hanno riempito pagine e pagine della storia del Cinema e il regista tedesco non riesce in questo senso ad apportare alcun tocco di originalità; dove la pellicola dà il meglio di sè è proprio sulla forma di linguaggio, non tanto per il rigore formale teutonico di altri tempi, quanto per la scelta di evitare le dissertazioni antropologiche e sociologiche sull'argomento del rapporto tra padre e figlio; l'aver scelto un 'ermetismo doloroso è di certo l'aspetto più interessante del film, l'avere evitato situazioni facili ed ovvie impedisce a Bright Nights di cadere nel dozzinale e soprattutto il racconto del tentativo di capire, l'uno e l'altro, se esiste una via in cui sia possibile avvicinarsi, abbattere il muro della solitudine da un lato e del rancore silenzioso dall'altro, regalano alla pellicola una ragione per essere vista
Non sempre il viaggio porta al superamento dei fossati che dividono, ma a volte può essere sufficiente capire se il tentativo vale la pena o no.
Tornando al paesaggio, il senso di angoscia che provoca nasce dall'amplificazione dello stato d'animo dei due protagonisti: tutto sembra concorrere ad accentuare il vuoto che esiste tra i due che immersi nella austera natura norvegese sembrano due piccoli tasselli di un mondo sterminato.
Bright Nights è lavoro che presenta molti lati poco convincenti, ma la scelta del regista di immergere un conflitto silenzioso difficile da superare in un ambiente che ne sublima il disagio che provoca è scelta nella quale si riesce ad intravvedere una sorta di poetica del silenzio e della solitudine interiore.
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