Giudizio: 8/10
Nel 2015 il regista rumeno Radu Jude vinse a Berlino l'Orso d'Argento per la migliore regia con Aferim ! , lavoro a molti apparso come un omaggio al cinema western seppur in salsa balcanica; con Scarred Heart è Locarno nel 2016 a conferire un altro importante riconoscimento al quarantenne cineasta di Bucarest con il Premio della Giuria.
Se il precedente lavoro guardava al western, questo è senz'altro un omaggio al cinema muto, a quello a cavallo tra le due guerre, ad un epoca di fermenti che scuoteva tutta l'Europa.
Ispirandosi all'autobiografia del poeta rumeno Max Blecher, morto a soli 29 anni di tubercolosi ossea, Jude mette in scena il dramma di un giovane che sin dai vent'anni è affetto dalla localizzazione secondaria ossea di quella malattia che imperversò per molti anni in Europa e che colpì anche artisti e letterati; ma come dice il protagonista almeno loro avevano quella polmonare , malattia da poeta maledetto e che non devastava il fisico come le forme secondarie.
Ambientato quasi totalmente all'interno di un sanatorio sulle sponde del Mar Nero, Scarred Heart è non solo il racconto della personale malattia del giovane poeta, ma anche, direi soprattutto, attraverso esso, di una epoca movimentata dal fermento artistico, poetico e politico , che vedeva la nascita del germe del nazionalsocialismo diffondersi in tutto il continente e la propaganda anti-ebraica proliferare pericolosamente ( Blacher proveniva da famiglia ebraica).
Per raccontare il dramma personale alimentato dal senso di morte incombente che lentamente cala sul poeta e l'epoca storica, Jude sceglie anzitutto il formato da film muto, il 1.33:1 con tanto di angoli smussati, frappone frequentemente alle scene brani scritti dell'opera da cui il film è tratto, e imposta tutta la pellicola con una cura per l'estetica quasi maniacale, non solo dal punto di vista dell'immagine pura, ma anche nell'ambientazione con il sanatorio che a volte sembra più uno di quegli hotel tipici da Bella Epoque dove letterari e artisti si radunavano per disquisire.
Ed in effetti nel film Radu Jude spazia dalla musica alla poesia nazionale, da Shakespeare alla letteratura rumena ma non solo: Hitler e il nazionalismo rumeno, le campagne contro gli ebrei e le tensioni politiche; insomma , soprattutto nella prima parte, si assiste ad una colorita rimembranza storica e di costume.
Di pari passo c'è la malattia che incombe: le speranza di guarigione, i tentativi dei medici, la morte degli amici, uomini e donne storpiati dal male o resi dei tronchi d'albero ingessati che si muovono solo su letti con le ruote o su barelle; sebbene nella prima parte la tematica della malattia e dell'inesorabile scorrere verso l'esito fatale è raccontata in maniera quasi da esorcizzarla, nella seconda parte quando si entra maggiormente nel personaggio di Emanuel-Max, vengono a galla i pensieri crepuscolari di un poeta che altrimenti mostrava sempre il suo lato brillante.
E' proprio quel senso di morte che avanza fino a farne toccare la tragicità che diventa l'altro tema centrale di Scarred Heart: un destino di fronte al quale la solitudine prende il sopravvento, l'inutilità delle sofferenze diventa palese e la caducità dell'uomo raggiunge la sua massima espressione.
Tenendo presenti questi due aspetti cardine del film, possiamo dire che Scarred Heart è lavoro dai grandi pregi in cui il regista si dimostra bravissimo a non cadere nel manierismo o nel calligrafismo sterile, tenendo sempre in primo piano invece lo studio dell'estetica dell'epoca e la storia personale del protagonista; Radu Jude si serve di una eccellente ricostruzione storica e di costume che non è mai ridondante, evita le analisi politiche sul fermento che cresceva in Europa e descrive con uno sguardo neutro ma che contiene una giusta dose di umanità la condizione di un personaggio e degli altri ospiti del sanatorio utilizzando non solo il registro più intimamente drammatico ma anche la commedia e pure laddove sembra esagerare con il citazionismo poetico, che comunque pare fosse proprio di Blacher, in effetti tutto sembra funzionale ed armonico all'interno della sceneggiatura.
In fin dei conti Scarred Heart è anche un inno alla vita, urlato da chi ne porta addosso i segni indelebili e che cerca di allontanare il senso di morte imminente abbarbicandosi alla vita stessa: Emanuel e i suoi giovani amici bevono , fumano, fanno a botte, litigano, discutono infervorati, amoreggiano anche se sanno che quel busto non lo toglieranno mai, che qualche arto verrà amputato e che il destino ha in serbo per loro una esistenza molto breve.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.