Giudizio: 5/10
Nella mitologia greco-latina lo Stige era uno dei fiumi che attraversavano gli inferi, in particolar modo era il fiume dell'odio, che si dipanava come una palude a bloccare l'accesso all'oltretomba e per attraversare il quale occorreva il permesso degli dei che rendevano così pace all'anima vagante dopo la morte.
Il pomposo richiamo mitologico del titolo si associa ad una scena iniziale fortemente enigmatica che mostra in una Gibilterra apparentemente deserta una coppia di macachi che girovagano nella città.
Insomma titolo ed incipit ci dicono subito che Styx, opera seconda del regista austriaco Wolfgang Fischer, possiede pretese ambiziose.
Col secondo breve incipit conosciamo Rike, un medico che lavora con grande professionalità nell'emergenza a bordo delle ambulanze, che interviene in un incidente stradale in piena notte.
Torniamo quindi a Gibilterra dove Rike è in partenza con la sua bellissima barca a vela 12 metri per un viaggio in solitaria verso l'isola di Ascensione, territorio britannico di oltremare, situata nell'Atlantico meridionale, scarsissimamente abitata e per questo di grande interesse naturalistico e biologico.
Prima metà del film quindi che diventa una sbrigativa lezione di navigazione con barca a vela in solitaria alternata a splendide immagini aeree.
Dopo una violenta tempesta Rike al mattino si trova a pochissima distanza da un vecchio peschereccio alla deriva, prossimo ad affondare che contiene centinaia di profughi; da brava donna di mare lancia subito l'allarme alla capitaneria di porto competente, dalla quale riceve l'ordine di non interferire con le manovre di salvataggio.
Nonostante ciò , quando un ragazzo gettatosi in mare raggiunge la sua barca a nuoto stremato, Rike non può fare a meno di accoglierlo a bordo, facendo aumentare in lei l'atroce dubbio se intervenire , contravvenendo alle disposizioni, oppure no, anche in considerazione che dei soccorsi non si vede traccia e che l'aiuto richiesto ad altre imbarcazioni in rotta nella zona è caduto nel vuoto; una scelta morale ed etica insomma che vorrebbe essere il nucleo tematico centrale della seconda parte del film.
Film pluripremiato e acclamato dalla critica soprattutto europea, sempre pronta a gridare, ipocritamente , al capolavoro quando si tratta di film a tematica etico-morale che riguarda la collettività e l'individuo, quale quella drammatica dei flussi migratori, salvo poi girare la testa altrove quando si tratta di agire in maniera fattiva a livello politico e sociale, Styx è film decisamente sopravvalutato, proprio per i motivi appena esposti.
Se l'aspetto tecnico, tra le poche cose che si salvano, è certamente valido grazie alle belle riprese a bordo in uno spazio , per definizione, angusto e chiuso nonostante l'immensità dell'Oceano circostante, il tema del travaglio morale che investe sia l'individuo, Rike in questo caso, che la collettività di fronte a tragedie come quelle che si ripetono sovente lungo le rotte migratorie ( la metafore dello Stige francamente appare alquanto forzata), non riesce minimamente a scalfire una piattezza della narrazione che non precipita nel noioso solo perchè quel minimo di tensione che una donna sola in mezzo all'oceano di fronte ad una tragedia riesce a trasmettere, a stento mantiene l'attenzione del film su livelli accettabili.
Il dilemma di Rike, probabilmente, nel profondo nasce anche da quell'atteggiamento di chi in pieno benessere sociale da europeo ricco e benestante guarda ai migranti con l'inevitabile sospetto di chi teme un sovvertimento sociale; in fin dei conti Rike al ragazzino che la implora di andare a salvare la sorella sul barcone che affonda e che non ricevendo risposta positiva con un gesto di rabbia la spinge in acqua, una volta risalita a borda grida: " come ti permetti di gettarmi in acqua dalla mia barca?".
Dilemma morale quindi a più prospettive di osservazione, che comunque il regista si guarda bene dallo sviluppare, limitandosi ad un lavoro sull'immagine più che sulla sostanza.
Styx è insomma lavoro deludente, che non aggiunge assolutamente nulla al tragico tema dell'immigrazione e che soprattutto per la prima parte potrebbe tranquillamente essere uno di quei docufilm su imprese veliche da televisione con canali monotematici.
Susanne Wolff domina lo schermo praticamente dall'inizio alla fine e nel complesso lo fa anche bene, seppur con i limiti che impone una sceneggiatura piuttosto carente.
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