giovedì 16 maggio 2024

Afire [aka Il cielo brucia] ( Christian Petzold , 2023 )

 




Afire (2023) on IMDb
Giudizio: 8.5/10

Vincitore a Berlino dell'Orso d'Argento Gran Premio della Giuria, Il cielo brucia  è il decimo film del regista  tedesco Christian Petzold, uno degli autori più importanti del cinema europeo, capace di imporsi come tale grazie ad uno stile cinematografico peculiare in cui sono i personaggi a sostenere l'impalcatura narrativa.
Erroneamente ritenuto un secondo capitolo di una trilogia che , come ha confermato il regista stesso in occasione della proiezione del film al Festival di Torino, è abortita  per colpa del film stesso in quanto Petzold ha trovato di grande soddisfazione girare un lavoro come Il sole brucia al punto di avere messo in cantiere una nuova trilogia che si occuperà di gruppi di persone che cercano di sopravvivere.
Sebbene abortita la trilogia  Il cielo brucia comunque ha più di qualche assonanza con Undine il precedente lavoro del regista, se non altro per la centralità della figura femminile imperniata anche stavolta intorno all'ottima Paula Beer , al terzo lavoro con Petzold.
Il film presenta la caratteristica, atpica a dire il vero per il regista, di offrire varie prospettive di visione: se tutta la prima parte si poggia molto su una atmosfera da commedia , caratterizzata da una certa leggerezza, la parte discendente invece racchiude tutte le tematiche che il regista in maniera astuta ed intelligente ha sparso lungo il percorso narrativo.



Leon e Felix sono due amici che decidono di passare un periodo nella casa di famiglia del secondo che si trova sul Mar Baltico: il primo, in chiara crisi ispirativa, deve concludere il suo secondo romanzo sul quale nutre più di un dubbio, l'altro invece deve preparare un book fotografico per poter accedere ad un concorso in una accademia di belle arti.
Ancor prima di raggiungere la casa iniziano però i problemi: la macchina si rompe, per arrivare a destinazione non hanno altra possibilità che addentrarsi nel bosco per una bella scarpinata; giunti alla casa che si trova al margine del bosco vicinissima alla spiaggia scoprono che è abitata da una ragazza amica della madre di Felix che la ospita, creando quindi il problema delle stanze e dei letti disponibili; la ragazza per un po' non la vediamo, la sentono i ragazzi durante la notte in sfrenate attività sessuali e rumorosi amplessi, vediamo i resti della cena, le bottiglie di birra vuote, Leon vede l'amante notturno mezzo nudo fuggire al mattino.
Tutto ciò crea non poco fastidio a Leon , di per sè già orso e scontroso, che con la scusa di dover lavorare al libro rifiuta qualsiasi altra attività avvolgendosi sempre di più nel suo egoismo e nella sua presunzione.
L'apparire della bella Nadja, l'ospite inattesa e del suo amichetto notturno, che scopriremo presto essere di bosco e di riviera, visto che è attratto da Felix, oltre che bagnino della vicina spiaggia, scombinerà i rapporti e le dinamiche tra i quattro.
Leon è chiaramente attratto da Nadja sebbene la sua l'alterigia e il suo egocentrismo lo tengano di fatto lontano da lei, nonostante  la ragazza mostri una certa indulgenza verso i suoi modi di fare da misantropo.
Quando al gruppetto si aggiungerà l'editore berlinese di Leon giunto per chiudere la pratica del romanzo, il film di Petzold subisce una brusca virata e si addentra più verso atmosfere tese, si direbbe pronte ad esplodere, il tutto con l'incipiente pericolo degli incendi che divampano lungo la costa e che colorano il cielo di rosso (come recita il titolo tedesco dell'opera).
Come abbiamo accennato la prima parte del film paga un omaggio chiaro , non si sa quanto voluto, a certo cinema di Rohmer, osservatore di dinamiche umane che si svolgono spesso nella quiete delle giornate cariche di calura, ma Il cielo brucia sembra in più di una occasione rivolgere lo sguardo quasi al mondo delle fiabe prima( i ragazzi che si perdono nel bosco, la casa isolata ai margini dello stesso, la presenza di Nadja, personaggio almeno all'inizio a metà tra una figura mitologica e un fantasma, il rossore del cielo che incombe), alla riflessione sull'arte poi, alla esplosione delle passioni e al tema della difficoltà a relazionarsi, magnificamente condensata nella figura di Leon.
E' proprio il gioco delle relazioni che si instaura tra i personaggi che fabbrica l'innesco chimico che porta alla deflagrazione finale, raccontata da Petzold con la consueta misura e verrebbe da dire con un tocco di classe da grande autore.
Convinto assertore della centralità dei personaggi all'interno di una opera, Petzold mette sulle spalle di ognuno dei protagonisti il suo carico di umanità, e se Leon è sicuramente quello che più degli altri funge da filtro per la realtà nel racconto, Nadja nel suo perenne vestito rosso, nella sua celestiale gentilezza, nel suo apparire all'inizio come un essere etereo, quasi un miraggio nel suo essere sfuggente finisce  col divenire una eroina poetica portatrice di un messaggio di amore e morte, nello stesso modo in cui faceva in Undine.
Quale è quindi il corrispettivo metaforico degli incendi che incombono sin dall'inizio nel racconto, fermo restando il grido di dolore ecologista per un ambiente che si avvia lentamente all'estinzione contenuto nel tema degli incendi boschivi ?
Leon di certo è il personaggio che l'amore e la passione trasformano seppur silenziosamente in una torcia umana, il suo egocentrismo, il suo considerarsi elite intellettuale, il suo rifiutare con fastidio ogni relazione che vada oltre lo stretto necessario, il considerare tutto il mondo esterno qualcosa di estraneo alla sua mente ( In My Mind canta il gruppo austriaco Wallners quasi come una nenia rivelatrice ...) si estingue in un incendio quando si rende conto del reale valore dell'arte e quando , discettando della poesia di Heine, scopre che Nadja è ben lungi dall'essere "una semplice gelataia ambulante", come la aveva definita indispettito per il giudizio negativo dato dalla ragazza alla sua opera prossima alla stampa ( o al naufragio...).
E proprio in quel convivio serale in cui ai quattro giovani si unisce l'editore berlinese di Leon è contenuto lo snodo "drammatico" e gran parte della potenza narrativa del film, costruita da Petzold con leggerezza e poesia  e che diventa la base per un finale nel quale è condensato tutto ciò che l'opera ha espresso: amore, morte, dolore, redenzione,  sentimenti ed aspettative, passioni; soprattutto la divagazione letteraria su Heine e sui versi del Der Asra contenuti nelle Historien, recitata da Nadja e che fa parte della sua tesi di dottorato ( quasi esilarante la reazione dipinta sul volto di Leon nell'apprendere questo...) mette sotto la nostra osservazione il legame amore-morte che permea in maniera sostanziale l'arte sin dai suoi albori ( e qui non si può non ricordare il personaggio di Undine)
E' abbastanza stupefacente come Petzold costruisca un film all'apparenza quasi leggero, una commedia che presenta dei rimandi a quella americana degli anni 50, in cui si chiacchiera molto, sembra che accada poco o nulla,salvo poi accorgersi, in una maniera che lascia attoniti, di trovarsi in una esplosione fragorosa di passioni e di sentimenti che incendiano la pellicola , così come il fuoco fa con la foresta.
Alla fine il lavoro di Petzold lascia una serie di riflessioni che si fanno strada lentamente ma che col passare del tempo emergono con prepotenza, contribuendo a fare di Il cielo brucia un'opera bella, ricca di personaggi ben delineati, alcuni dei quali addirittura straordinari, nella quale il regista ancora una volta indaga sui sentimenti e come essi possano costituire l'impalcatura delle relazioni umane.
Raramente capita di vedere un cast scelto e assemblato con così grande efficacia: per ognuno dei cinque personaggi  il regista ha scelto la giusta maschera attoriale: soprattutto Thomas Schubert nei panni di Leon contribuisce con grande bravura a creare un personaggio per certi versi memorabile così come Paula Beer è ancora una volta eccellente nel ruolo di Nadja, personaggio che sta a metà tra la fata del bosco e la impersonificazione della esuberanza giovanile.


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