venerdì 31 maggio 2024

Slow ( Marija Kavtaradze , 2023 )

 




Slow (2023) on IMDb
Giudizio: 8/10

Marija Kavtaradze, lituana, è una delle registe giovani più valutata in Europa: nonostante i suoi 32 anni, è presente nel mondo del cinema da quasi 15 anni con alle spalle una produzione non trascurabile considerata la sua età, sia come regista di corti, sia come sceneggiatrice  e con un esordio nel 2018 (Summer Survivors) che ha ricevuto una infinità di giudizi lusinghieri; con Slow , da lai scritto e diretto e presentato al Sundance ha ottenuto il principale riconoscimento internazionale fino ad oggi, grazie al Premio come miglior Regista.
Con la sua ultima fatica mette una scena una storia d'amore molto fuori dai consueti canoni, tenendo il racconto in mano con grande fermezza grazie ad una regia che sa costruire atmosfere e momenti di grande intensità.
I protagonisti sono  Elena , una ballerina di danza moderna e Dovydas, un interprete della lingua dei segni che si conoscono durante una lezione che la ragazza impartisce a dei ragazzi sordomuti con i quali fa da interprete appunto il ragazzo.
La loro inizia come una semplice conoscenza che però rapidamente si trasforma in una relazione amorosa.
Una relazione però che necessariamente deve trovare delle basi diverse perchè il ragazzo , che si definisce asessuale,  rifiuta i rapporti sessuali per un motivo che non verrà mai dichiarato e, per la verità neppure tentato di essere indagato; i due comunque , che si sentono da subito molto legati, almeno inizialmente, cercano di rimuovere il problema affidandosi ad legame molto stretto e pieno di sentimento.



Naturalmente le cose non possono durare in questa maniera e inevitabilmente il problema si presenterà rischiando di minare ( o forse no...) il loro rapporto sentimentale.
Raccontata così, cercando di evitare descrizioni troppo approfondite che si configurerebbero come veri e propri spoiler, può apparire difficile credere che il film di Marija Kavaradze contenga invece una forza e una profondità di grande intensità: quello che fa la regista è il tentativo di raccontare una storia d'amore sui generis, che tenta di costruirsi su basi diverse , meno convenzionali, per necessità, e su questo per fortuna non va mai verso teorizzazioni alternative del rapporto amoroso ( triangoli, coppie aperte etc.) sebbene soprattutto da parte di Dovydas qualche accenno in tal senso viene fatto.
Quello che invece la regista cerca di costruire è una storia in cui esiste un sottofondo di dolore legato alla difficoltà di potere mettere in piedi un rapporto amoroso, ad una difficoltà nel rapportarsi, anche quando si crede , legittimamente, di provare un amore profondo per il partner,  ma nel contempo di dover considerare la rinuncia come una parte del rapporto stesso ( in tale  senso è molto indicativo il dialogo che Elena ha con la sua amica diventata suora).
Dall'altro lato però è anche una storia d'amore che si nutre di delicatezza, di tenerezza, di silenzi, di sguardi , probabilmente di qualcosa di profondo che appare indefinibile che però si insinua nelle pieghe del sentimento, accentuato dal fatto che, per una scelta che può forse apparire non convincente, nulla o quasi viene svelato dal background dei due protagonisti , a parte la presenza di una madre castrante di lei; questa scelta però si rivela d'altro canto azzeccata nel momento in cui ci troviamo a osservare questi due personaggi senza alcun condizionamento o motivazione che spieghi il problema di Dovydas ( il quale però si masturba e la cosa naturalmente crea rabbia verso Elena) o che ci racconti perchè sono quello che sono.
Man mano che il racconto avanza sembra sempre più evidente una impossibilità della storia d'amore di trovare basi solide, per lo meno nei canoni classici ed infatti il protagonista maschile in una circostanza si addentra pericolosamente su riflessioni riguardanti le regole di una relazione che non debbono necessariamente essere fisse e codificate.
La regista comunque grazie alle scelte narrative riesce sempre a mantenere una giusta solidità alla storia, si affida a musiche molto aderenti al racconto, mentre indugia forse troppo nelle scene di danza che appaiono un po' ripetitive sebbene si configurano quasi sempre come un momento di presa di coscienza di se stessi e di liberazione, ma nel complesso è capace di regalare momenti di grande tenerezza ( la scena del bar tra gesti riflessi e movimenti sinuosi , molto enigmatica per altro, è un piccolo capolavoro di sensibilità e gentilezza), di un romanticismo non da melodramma ma sostenuto invece dalla vitalità amorosa che portano tutti ad un finale che presenta una bella dose di ambiguità.
I due attori protagonisti sono entrambi degni di menzione: Greta Grineviciute , regala grande vitalità al personaggio di Elena, unita ad una tenerezza quasi emozionante, Kestutis Cicenas , nel suo sorriso con venature tristi è capace di regalare la giusta profondità alla difficoltà e al dolore di Dovydas.


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