
Giudizio: 8/10
Walter Salles, regista di grande versatilità e sensibilità , oltre che animato di poderoso senso civico, capace di trasformare il dolore della storia in una narrazione personale e universale, ci regala con Io sono ancora qui un’opera intensa, tra le migliori della sua filmografia alla pari probabilmente di Central do Brazil, esempio di grande cinema neorealista moderno, che si immerge nel dramma della dittatura brasiliana degli anni '70. Il film, basato su eventi realmente accaduti e intriso di una memoria storica dolorosa, va ben oltre il semplice racconto di una scomparsa politica: diventa una meditazione sulla fragilità umana, sulla forza interiore e sulle ripercussioni sociali di un regime autoritario.
Ambientato a Rio de Janeiro nel 1971, Io sono ancora qui colloca lo spettatore in un periodo segnato dalla paura e dalla repressione messi in atto da un regime totalitario in perfetto stile America Latina anni 70-80.
La storia ruota attorno alla figura di Rubens Paiva, un ex deputato laburista la cui misteriosa sparizione diventa emblema delle violenze perpetrate dal regime militare: prelevato in casa senza alcuna spiegazione , trasferito nei famigerati centri semiclandestini di interrogatorio e di tortura, accusato di essere un fiancheggiatore di gruppi terroristi, irrintracciabile e scomparso come si addice ad un vero “desaparecido” la cui storia avrà fine solo decenni dopo , col ritorno della democrazia in Brasile, che porterà finalmente alla conclusione dell’indagine che ne decretò la tortura e la morte avvenuta subito dopo il suo prelevamento.
La sua scomparsa non rappresenta soltanto una tragedia personale, ma diventa il simbolo del “desaparecido”, una delle tante vittime di una politica di silenzi e cancellazioni che ha segnato la storia politica del Brasile. Salles utilizza questo tragico evento per esplorare come il potere politico, armato di autoritarismo e terrore, riesca a penetrare in ogni ambito della vita civile, distruggendo legami, fiducia e speranze.
Al centro del film vi è l’analisi del clima politico che ha reso possibili atrocità sistematiche. L’opera denuncia la brutalità di un regime che, attraverso arresti arbitrari e sparizioni forzate, ha instillato un clima di terrore e sospetto. Walter Salles non si limita a presentare fatti storici, ma ci offre una riflessione critica su come il potere venga utilizzato per eliminare ogni forma di dissenso.
La ricerca inesorabile della verità da parte di Eunice, moglie di Rubens, assume qui una valenza politica fondamentale: ogni documento ritrovato, ogni testimonianza raccolta diventa un atto di ribellione contro l’oblio imposto dal regime. In questo senso, la sua lotta si trasforma in un manifesto di resistenza, un invito a non dimenticare e a dare voce a chi è stato cancellato dalla storia ufficiale.
Parallelamente al filone politico e civile , il film si poggia su quella che per tutta la prima parte appare come una storia famigliare, tra giornate in spiaggia, giochi dei ragazzini, pranzi, feste , fotografie, il ritratto insomma di una famiglia come tante negli anni 70 che furono duri non solo in Sudamerica messo sotto scacco da una serie di regimi totalitari spietati, ma per diverse ragioni anche in Europa ed in Italia in particolare.
Il film non si ferma alla dimensione politica, ma scava anche nelle ripercussioni sociali di un regime che divora il tessuto stesso della società. La famiglia Paiva viene rappresentata come un microcosmo in cui il dolore individuale si fonde con il trauma collettivo. La scomparsa di Rubens non è solo un fatto isolato, ma una ferita aperta che mina la coesione e la fiducia all’interno di un nucleo familiare e, per estensione, della comunità in cui vive.
La paura e l’incertezza invadono ogni relazione: il tradimento, l’isolamento e l’autocensura sono elementi che emergono in modo struggente, rivelando una società imprigionata dall’angoscia e dalla sospensione del quotidiano.
In questo contesto, Io sono ancora qui si fa portavoce delle storie di chi ha dovuto sopportare il peso della censura e dell’oppressione, rendendo palpabile la sofferenza di intere generazioni.
Nel cuore della narrazione si trova la figura di Eunice, autentica eroina che col passare del tempo diventa la vera protagonista del film , personaggio di altissimo spessore civile e morale, interpretata con grande intensità da Fernanda Torres che pone una seria candidatura al premio Oscar come migliore attrice protagonista.
La trasformazione della protagonista è il fulcro emotivo del film: all'inizio, Eunice appare come una donna intrappolata in un’esistenza segnata dalla perdita e dal silenzio imposto; la scomparsa del marito la lascia vulnerabile e disorientata. Tuttavia, con il procedere della storia, emerge il suo inaspettato coraggio: intraprende un percorso di autodeterminazione che la porta a confrontarsi non solo con il passato, ma anche con le ingiustizie che hanno segnato la sua vita, intraprende una infinita lotta civile volta al riconoscimento della morte del marito e di tutti gli scomparsi perseguitati dal regime. La scelta di abbracciare il dolore come strumento di verità e di giustizia rappresenta un potente messaggio di forza civile. In un ambiente in cui l’indifferenza politica cerca di cancellare le identità, la determinazione di Eunice a non lasciarsi inghiottire dall’oblio diventa un atto di ribellione e un simbolo della forza interiore umana.
Walter Salles impiega un linguaggio visivo e narrativo che rispecchia la complessità emotiva e storica del racconto. La fotografia di Adrian Teijido cattura con precisione le contraddizioni di Rio de Janeiro: da un lato, la bellezza intrinseca della città, dall’altro, le ombre che la dittatura proietta su ogni vicolo e casa. I colori, spesso spenti e carichi di simbolismo, rispecchiano il clima di opprimente desolazione che permea il periodo storico rappresentato.
La colonna sonora, curata con grande attenzione, diventa l’eco dei sentimenti repressi: i toni malinconici e le note sospese accompagnano le scene più drammatiche, amplificando l’impatto emotivo e conferendo al film una dimensione quasi meditativa. L’approccio registico di Salles è sobrio e privo di sensazionalismi, una regia pulita ed essenziale; la narrazione si sviluppa in modo lineare ma ricco di sfumature, lasciando spazio alle interpretazioni personali degli spettatori, che sono invitati a confrontarsi con il peso della storia e con il significato profondo della memoria.
Io sono ancora qui si configura come un’opera di grande impatto, capace di trasportare lo spettatore in un’epoca segnata dal dolore, dalla paura e dalla lotta per la verità.
Dopo aver raccolto numerosi riconoscimenti nei vari Festival , la pellicola sarà tra le protagoniste della serata degli Oscar avendo ricevuto svariate nomination .
Walter Salles, attraverso una regia attenta e una narrazione fortemente emotiva, ci invita a riflettere sul costo umano dell’oppressione politica e sulle profonde cicatrici sociali che ne derivano e soprattutto vuole sì costruire una opera che sia imperituro ricordo di quell’epoca infausta, ma soprattutto ,come ha dichiarato , anche un’opera che sia da monito per il presente , perché come dimostra la storia recente del suo paese, derive autoritarie che si ispirano al totalitarismo degli anni 70 sono ancora ben presenti nei progetti di qualche satrapo nostalgico che ha guidato il paese di recente. Il film, pur narrando una storia specifica, diventa simbolo di una resistenza universale contro la cancellazione della memoria e contro il silenzio imposto dai poteri autoritari.
La forza di Io sono ancora qui risiede nella capacità di fondere il dramma personale con la denuncia politica, creando un racconto che è al contempo intimo e collettivo. La trasformazione di Eunice, la sofferenza della famiglia Paiva e l’ombra pervasiva della dittatura brasiliana si combinano per offrire una rappresentazione intensa e onesta di un’epoca buia, ma anche della capacità di resistere e di rinascere e del coraggio che emergono nei momenti di maggiore crisi.
In definitiva, Io sono ancora qui è un film che, con la sua narrazione profonda e il suo stile registico raffinato, si pone come un invito a non dimenticare le lezioni del passato, perché solo attraverso il ricordo e la verità è possibile costruire un futuro più giusto e umano.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.