lunedì 17 febbraio 2025

The Girl with the Needle ( Magnus von Horn , 2024 )

 




The Girl with the Needle (2024) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Siamo a Copenaghen nel 1919, sul finire della Grande Guerra; Karoline, una giovane operaia tessile, cerca di tirare avanti come può, dopo che il marito è partito per la guerra e non è mai più tornato; la fortuna sembra girare dalla sua parte quando il proprietario della fabbrica dove lavora si invaghisce di lei  e dal fugace rapporto ne esce incinta; ovviamente nella rigida e classista società dell’epoca , nonostante le promesse dell’uomo, il matrimonio non si farà mai grazie all’intervento della madre di lui che spegne ogni speranza nella giovane.
Senza risorse e in una società che non offre alcun sostegno alle madri nubili, si trova costretta a cercare aiuto. Disperata, si affida a Dagmar Overbye, una donna che gestisce un’attività illegale di adozioni, promettendo di trovare famiglie benestanti per i neonati non desiderati. 
La donna appare a Karoline come una insperata ancora di salvezza  salvo poi pian piano capire il tipo di attività che la donna svolge , cioè tenere le redini di una organizzazione che traffica  neonati macchiandosi anche di altri reati . Man mano che il rapporto tra le due donne si sviluppa, Karoline inizia a sospettare la verità e si trova di fronte a una scelta impossibile: restare in silenzio per salvarsi o cercare giustizia per le vittime innocenti. Il film segue il suo percorso tra il senso di colpa, la paura e il tentativo di spezzare il ciclo di violenza che si nasconde dietro le mura della città.
Presentato all’ultimo Festival di Cannes, ispirato ad eventi e personaggi reali , la pellicola è il terzo lungometraggio diretto dal regista svedese Magnus von Horn che ha collezionato numerosi riconoscimenti nei festival di tutto il mondo  e la nomination all'Oscar nella categoria del Miglior Film straniero.
L’ambientazione del film è uno degli elementi più suggestivi della pellicola. Siamo nel 1919, in una Copenaghen ancora segnata dalle ferite della Prima Guerra Mondiale. La società danese di quegli anni è scossa da forti disuguaglianze: da un lato, una borghesia che tenta di ricostruire il proprio benessere; dall’altro, una classe operaia allo stremo, fatta di donne e uomini che lottano quotidianamente per la sopravvivenza. Le condizioni di vita precarie spingono molte donne a scelte drammatiche, come la vendita dei propri figli a intermediari che promettono adozioni a famiglie più abbienti.
Il bianco e nero della fotografia non è solo un vezzo stilistico, ma un vero e proprio strumento espressivo: accentua il contrasto tra luce e ombra, tra speranza e disperazione, tra innocenza e colpa. Le strade fangose, i vicoli umidi e le stanze anguste della periferia industriale diventano il palcoscenico di una tragedia che si consuma tra silenzi e sguardi smarriti.
Al centro della narrazione troviamo due figure femminili potenti e tragiche, la cui interazione è il fulcro emotivo del film.



Karoline (interpretata da Vic Carmen Sonne) è una giovane operaia tessile che incarna la condizione delle donne proletarie dell’epoca. Quando scopre di essere incinta , a causa di una fugace relazione impossibile col padrone della fabbrica, il suo mondo già precario crolla definitivamente. Il marito è disperso in guerra e lei non ha alcun supporto economico né sociale, sebbene , come dimostra la prima scena del film, non le manchi certo la tenacia. La sua maternità, anziché essere un evento di gioia, diventa un peso insostenibile.
La figura della protagonista è straordinaria nel restituire l’angoscia di una donna intrappolata tra le convenzioni sociali e la cruda necessità della sopravvivenza. Il suo volto, spesso illuminato da luci fioche e instabili, è il ritratto della vulnerabilità: occhi pieni di terrore, gesti incerti, una voce che a tratti si spezza, un fantasma che spunta tra le brume scandinave.
Dagmar Overbye (interpretata dalla straordinaria Trine Dyrholm) è una figura diabolica e allo stesso tempo tristemente umana. Apparentemente una donna rispettabile, Dagmar gestisce un servizio di adozione clandestina, promettendo di trovare famiglie benestanti per i bambini indesiderati. Ma dietro questa facciata si nasconde un orrore indicibile che preferiamo non spoilerare sebbene il film non sia certo un thriller, semmai in alcuni momenti al climax della tensione si possa quasi configurare come un horror.
Dyrholm costruisce un personaggio complesso, che sfugge alla facile categorizzazione del “male assoluto”. 
Non si tratta di una semplice donna senza scrupoli, ma di una donna che, nel contesto disperato dell’epoca, ha trasformato il crimine in una sorta di impresa sistematica., una sorta di angelo pronto a liberare da un peso le persone che vorrebbero ma non hanno il coraggio di fare qualcosa ( in tal senso è emblematica la scena del processo in cui di fronte alle urla di odio che si sente addosso pronuncia la agghiacciante frase: “dovreste darmi una medaglia , perché io faccio quello che voi vorreste fare ma non ne avete il coraggio”). Il film lascia intravedere anche i fantasmi che la tormentano, le sue crepe emotive, il suo rapporto ambivalente con Karoline, che sembra risvegliare in lei un barlume di umanità soffocata, motivo per cui in alcuni  momenti la sua figura sembra perdere quell’aura di malefico in favore di una umanità forse grezza e tragica.
Uno degli aspetti più disturbanti del film è il modo in cui esplora la maternità non come un atto d’amore, ma come una condizione di vulnerabilità e dolore. Karoline e Dagmar rappresentano due facce della stessa tragedia: una donna che è costretta ad abbandonare il proprio figlio e un’altra che ne fa mercato. Il film pone domande inquietanti: quanto il contesto sociale influisce sulle scelte materne? Può una madre essere costretta ad abbandonare il proprio bambino per necessità e non per mancanza d’amore?
Se Dagmar è il “mostro”, il film suggerisce che il vero colpevole sia una società ben lungi dall’avere il senso della solidarietà e della giustizia. La povertà spinge Karoline a cercare aiuto nei posti sbagliati, la legge non tutela le madri indigenti e la società borghese si volta dall’altra parte. In questo senso, The Girl with the Needle non è solo un thriller psicologico, ma una feroce critica sociale che mostra come la miseria possa generare mostri.
La relazione tra Karoline e Dagmar è ambigua e carica di tensione. Man mano che la storia si sviluppa, Karoline comincia a rendersi conto dell’orrore che si cela dietro l’apparente gentilezza di Dagmar. Ma può ancora salvarsi? E Dagmar è veramente irredimibilmente immersa nel male? Il film gioca con i concetti di colpa e complicità, lasciando allo spettatore la difficile interpretazione di ciò che significa “fare la cosa giusta” in un mondo che offre solo scelte sbagliate.
E’ nel finale che il film mostra maggiormente la sua potenza narrativa, sebbene non sfugge una fastidiosa sensazione di frettolosità nel chiudere il cerchio narrativo con un epilogo che deve dare una logicità alla storia . Karoline, ormai consapevole della verità, deve prendere una decisione che potrebbe costarle tutto. 
Il film non si chiude con una facile catarsi, ma con un gesto carico di significato, che lascia intravedere una possibile speranza, per quanto tenue.
Von Horn evita il melodramma e la spettacolarizzazione, scegliendo una chiusura sobria ma incisiva. Lo spettatore non esce dalla sala con un senso di sollievo, ma con un peso nel cuore e molte domande in mente. The Girl with the Needle non offre risposte facili, ma invita a riflettere su temi universali che risuonano ancora oggi.
The Girl with the Needle è un film che lascia il segno, una narrazione potente e dolorosa che esplora la disperazione umana senza cadere nella retorica. Magnus von Horn costruisce un'opera intensa e visivamente suggestiva, che scava nei recessi più oscuri della società e della psiche umana e lo fa affidandosi ad un bianco e nero di grande impatto e ad atmosfere cariche di pathos e di una tragicità essenziale. 
Le straordinarie interpretazioni di Vic Carmen Sonne e Trine Dyrholm danno vita a due personaggi indimenticabili, uniti da un destino crudele e da un rapporto ambiguo che sfida ogni facile giudizio.
L'opera non offre soluzioni rassicuranti, ma lascia spazio a una tenue speranza nel gesto finale di Karoline, un atto di coraggio che spezza, almeno in parte, la catena della violenza e della disperazione. The Girl with the Needle non è solo un thriller storico, ma una riflessione profonda sulla maternità, sulla povertà e sulla moralità in un mondo che spesso non offre scelte giuste. 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Condividi