Giudizio: 6/10
Robert Eggers, noto per la sua capacità di fondere storia e mito in narrazioni cinematografiche avvincenti, quasi un capostipite del folk horror grazie al grande successo ottenuto con la sua opera prima The VVitch ,affronta con il suo Nosferatu una sfida ambiziosa: reinterpretare un classico del cinema espressionista tedesco del 1922, diretto da F.W. Murnau, e confrontarsi con le successive rivisitazioni, tra cui quella di Werner Herzog del 1979.
Il risultato è un'opera che, pur rispettando le radici del mito, offre una prospettiva più contemporanea e sicuramente personale, nonostante ciò non significhi automaticamente la perfetta riuscita dell’opera.
Ambientato in un'Europa del XIX secolo ricreata con meticolosa attenzione ai dettagli, il film segue la storia di Thomas Hutter , inviato in Transilvania per concludere una vendita immobiliare con il misterioso Conte Orlok che vorrebbe acquisire un vecchio e malridotto maniero nella città in cui vive con la moglie che appare ben poco propensa al viaggio del marito, il quale da parte sua pensa con questa operazione immobiliare di guadagnare una bella cifra che possa portare beneficio alla sua famiglia.
Ben presto scopriremo quale è il progetto del Conte , alias Nosferatu, con tanto di contratto estorto al malcapitato Hutter che causerà il coinvolgimento della moglie Ellen il vero bersaglio del Conte.
Un prologo molto ben costruito ci aveva già messo sulla giusta strada mostrandoci come Ellen sia perseguitata dalla presenza di Nosferatu sin dalla giovane età.
Deciso a far rispettare il contratto il Conte sbarcherà in Germania portandosi dietro, bara, terra di sepoltura e una miriade di topi portatori di peste.
A differenza della versione di Murnau del 1922, dove Ellen appare più come una vittima sacrificale, in questa rilettura il suo ruolo è più attivo e sfaccettato, si poterebbe azzardare addirittura antesignano del femminismo.
Il vampiro non è solo un predatore assetato di sangue, ma una creatura tragica che sembra attratto da Ellen per qualcosa di più profondo della semplice sete. Questa dinamica ricorda la rappresentazione del Dracula di Coppola, dove il vampiro è una figura tormentata dal suo stesso amore impossibile ed in effetti per certi versi e fatte le dovute considerazioni il Nosferatu di Eggers può essere interpretato come una grande, infinita e tragica storia di amore.
Uno dei temi centrali del film è il rapporto tra amore e morte, tra attrazione e distruzione:la figura del vampiro incarna da sempre il binomio tra desiderio carnale e paura della fine, un archetipo che Eggers sviluppa attraverso la relazione tra il Conte Orlok ed Ellen.La tensione tra Orlok ed Ellen si manifesta in un sottile gioco di seduzione e repulsione, nel quale la giovane donna si trova divisa tra la paura e il fascino di questa creatura immortale. Eggers sottolinea questa tensione attraverso un uso evocativo delle luci e delle ombre, oltre che con una regia che accentua il senso di minaccia costante.
Nel film di Murnau, il vampiro rappresentava la peste, una minaccia che si diffondeva come un morbo, portando morte e decadenza nelle città. Anche Eggers riprende questa simbologia, ma in una chiave più psicologica e sociale.
Orlok non è solo il portatore di un contagio fisico, ma anche di un male metafisico , e quindi ben più potente,che si insinua nelle vite dei personaggi, portando con sé paranoia, superstizione e disgregazione sociale. La sua presenza distrugge non solo i corpi, ma anche le menti, insinuando il sospetto e il caos.
Il vampiro di Eggers, interpretato da Bill Skarsgård, è una creatura solitaria e malinconica, più vicina alla rilettura gotico-espressionista di Werner Herzog che al mostro senza anima del 1922 e in effetti quella ombra orrorifca che si staglia sulle pareti ,sulle case e sulla città, l’ombra delle sue mani adunche come artigli mortali ricordano non poco il Klaus Kinski di Herzog
Orlok non è solo un predatore, ma una figura tragica, condannata a un’esistenza eterna senza amore e senza possibilità di redenzione. Il suo desiderio per Ellen non è solo una fame fisica, ma una ricerca disperata di connessione e calore umano. Tuttavia, ogni suo tentativo di avvicinarsi porta solo morte e distruzione, rendendolo un emarginato e segregato della società e un simbolo della condanna dell’immortalità.
Eggers accentua questa dimensione tragica attraverso la fotografia cupa e le ambientazioni gotiche, che enfatizzano l’isolamento del vampiro nel suo castello decadente.
Il film esplora anche il contrasto tra razionalità e credenza nel soprannaturale. Thomas Hutter, il protagonista, parte per la Transilvania con uno spirito pragmatico e scettico, ma si trova presto immerso in un mondo dove le leggi della scienza non sembrano più applicarsi.
I contadini locali, con le loro leggende e superstizioni, non vengono presentati come semplici ignoranti, ma come custodi di un sapere antico che il mondo moderno tende a rifiutare. Il film suggerisce che la negazione del soprannaturale da parte della società occidentale potrebbe aver lasciato scoperti i suoi abitanti di fronte a minacce che vanno oltre la comprensione umana.
Eggers è un maestro nel creare atmosfere gotiche in particolare ma comunque ambientazioni che incutono angoscia , che emanano il freddo senso di morte e in Nosferatu utilizza questo stile non solo per l’estetica, ma come strumento per esplorare i tormenti interiori dei personaggi.
Le scenografie, l’illuminazione a lume di candela e le riprese in ambienti naturali ostili (foreste oscure, montagne minacciose, castelli in rovina) evocano un senso di oppressione e di ineluttabilità del destino.
Questa attenzione all’ambiente come espressione dello stato d’animo dei personaggi è una costante nei film di Eggers: in The VVitch , la foresta era un luogo di tentazione e perdizione, mentre in The Lighthouse il mare e l’isolamento rappresentavano la follia e la discesa nell’oscurità interiore. In Nosferatu, il castello e la città infestata riflettono la decadenza e il senso di oppressione che il vampiro porta con sé.
Come nel Nosferatu originale, anche qui la storia si chiude con un sacrificio, ma Eggers ne amplifica il significato. Ellen non è solo la vittima che si offre per salvare la città, ma una donna che sceglie consapevolmente di affrontare il male ed in effetti la scena finale che conduce al climax del racconto è costruita con grande effetto.
La sua decisione finale è un atto di volontà che ribalta la dinamica di potere tra lei e il vampiro, trasformandola da preda a forza attiva della narrazione. Questo rende il suo destino ancora più tragico, ma anche più potente.
Robert Eggers non si limita a rifare Nosferatu, ma lo trasforma in un'opera in cui c’è un forte impatto personale. Attraverso le sue tematiche e il suo stile visivo, il film si inserisce sì nella tradizione del cinema gotico ma per larghe parti il film sembra intraprendere la strada dell’esercizio stilistico: Eggers si trova a suo agio con questo tipo di atmosfere, come abbiamo detto, ma descriverle con efficacia non sempre è sufficiente a dare forza al film, soprattutto quando ti trovi a confrontarti con dei modelli immortali cui fai riferimento senza però costruire qualcosa che dia un forte senso di identità, apparendo infine come un opera che va a mettersi nella scia di Murnau, Herzog e Coppola, come tanti altri Nosferatu e ben poco riusciti.
Per tale motivo l’opera di Eggers merita comunque una visione perché ha una estetica e delle ambientazioni ben costruite da un regista che in quel campo conosce il fatto suo, con la raccomandazione però che a parte la cifra estetica il film non appare riuscito in pieno.
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