La convivenza caotica salverà Israele
Un condominio popolare in qualche insediamento tra Tel Aviv e Jaffa, come potrebbe esistere a Napoli, a Trastevere o a Il Cairo, fa da palcoscenico a questa rappresentazione di umanità variegata, racchiusa in un microcosmo all'interno di un paese sempre in guerra e ossessionato dal terrorismo. Uno spaccato di vita reale in cui gomito a gomito convivono le tensioni di una coppia ormai divisa ma tenuta assieme solo da un figlio che rifiuta il servizio militare, con il padre che vive in un furgoncino insieme a un manipolo di muratori immigrati cinesi parcheggiato proprio davanti la porta della sua ex casa , dove la moglie vive col suo nuovo uomo; un reduce da Auschwitz ossessionato dai ricordi e in preda a vaneggiamenti, una giovane e bella ragazza che vive nell'attesa dell'amante per focosi incontri d'amore, una poliziotta che fa del suo potere e della sua divisa una ragione di vita per imporre la sua prepotenza e la sua stravaganza, un uomo dall'aspetto trasandato che vive col suo cane. Tutti si incontrano e si scontrano nel cortile, vivendo quasi in simbiosi, scrutandosi dalle porte lasciate aperte; non nascondono i loro disagi e le loro follie, non esiste segreto per nessuno di loro; una convivenza caotica, chiassosa alla base della quale c'è però una vitalità prorompente, una voglia di vivere e di cambiare la propria vita, nonostante i frequenti bollettini di guerra che tv e radio ripetono in sottofondo,unica traccia che ci ricorda la dura realtà israeliana.
Indubbiamente la carrellata di personaggi strambi è oltre che pittoresca anche ben riuscita, per lo meno in buona parte, e sta lì a dimostrare come la normalità trova difficile albergo in condizioni di vita alterate; inoltre Gitai , facendo uso della metafora condominiale, segna una via che potrebbe portare alla soluzione di larga parte dei problemi della società israeliana: una convivenza seppur difficile e caotica è possibile, almeno a livello della gente del popolo, del tessuto connettivo di una comunità.
Il film offre dei buoni momenti ,arricchiti da dialoghi convulsi e serrati che danno brio e forza alla storia, rappresentata da piani sequenza in cui la macchina da presa attraversa muri ed ostacoli spostandosi di camera in camera e di casa in casa, scelta tecnica che senz'altro dona qualcosa di positivo alla pellicola: d'altra parte, però, dopo un po' si ha l'impressione che la iniziale forza propulsiva del film vada scemando, perdendosi in situazioni poco incisive.
Un lavoro , quindi, che merita la visione, soprattutto per l'ambientazione colorata e per la descrizione del caos vitale che anima i personaggi, anche se forse alla fine si ha quasi l'idea che il regista volesse dire altro e che ciò non gli è perfettamente riuscito.
Indubbiamente la carrellata di personaggi strambi è oltre che pittoresca anche ben riuscita, per lo meno in buona parte, e sta lì a dimostrare come la normalità trova difficile albergo in condizioni di vita alterate; inoltre Gitai , facendo uso della metafora condominiale, segna una via che potrebbe portare alla soluzione di larga parte dei problemi della società israeliana: una convivenza seppur difficile e caotica è possibile, almeno a livello della gente del popolo, del tessuto connettivo di una comunità.
Il film offre dei buoni momenti ,arricchiti da dialoghi convulsi e serrati che danno brio e forza alla storia, rappresentata da piani sequenza in cui la macchina da presa attraversa muri ed ostacoli spostandosi di camera in camera e di casa in casa, scelta tecnica che senz'altro dona qualcosa di positivo alla pellicola: d'altra parte, però, dopo un po' si ha l'impressione che la iniziale forza propulsiva del film vada scemando, perdendosi in situazioni poco incisive.
Un lavoro , quindi, che merita la visione, soprattutto per l'ambientazione colorata e per la descrizione del caos vitale che anima i personaggi, anche se forse alla fine si ha quasi l'idea che il regista volesse dire altro e che ciò non gli è perfettamente riuscito.
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