Disagi visti con occhio cattivo
Dietro la facciata di un film dall'apparenza leggero e minimalista, il regista Hong racconta una storia che presenta larghi tratti di cattiveria quando non di perfidia. Un incedere assolutamente calmo , quasi delicato, che sembra approdare a tematiche paradossalmente mucciniane, nasconde invece un montante disagio malefico , proprio di personaggi che mescolano nei loro gesti meschinità e indolenza.
In una Seoul perennemente innevata e stretta dalla morsa del gelo (un grande freddo esteriore? ), due amici si ritrovano dopo un lungo periodo, nel quale uno dei due ha studiato in America ed ora sogna di diventare regista.Già il loro incontro dopo tanto tempo possiede una sorta di freddezza in assoluta sintonia con la neve che cade e ricopre le strade; una abbondante bevuta li porta a ricordare i tempi passati e fa tornare a galla il ricordo di Sen-hwa, ragazza di Hyeon-gon, prima e ,una volta partito questo, di Mun-ho poi. Un ponte tra i due, il vertice acuto di un triangolo, insomma , che tenteranno di rimettere subito in piedi, col risultato di riportare in superifcie antichi rancori, rimpianti e dispute.
Con uno stile che ha reso Hong il più europeo tra i registi coreani, spesso accostato a certe tematiche rohmeriane, i tre non fanno nulla per risolvere i conti in sospeso, anzi sembrano voler immergersi ancora di più in contrasti non risolti, al punto di offrirci una bella dose di inspiegabile meschinità.
I ritmi, la neve, un certo qual umorismo nascondono bene il profondissimo pessimismo che scaturisce da questo cronico disagio, ma basta togliere la patina di leggerezza che ricopre il film per trovarci davanti ad un inatteso , quanto devastante vuoto dei sentimenti che attanaglia i tre.
Hong , come al solito, ci mette molto del suo, soprattutto nell'aspetto tecnico che supporta questo dramma mascherato da divertissment: inquadrature fisse lunghe con frequenti primi piani, gesti lenti e ripetuti, dialoghi stringati e secchi, quadri di quotidianità ,insomma, pungenti e veri.
Il vagare spesso senza meta e il ritrovarsi poi da soli a scrutare la strada in attesa di un taxi, stringendo tra le mani un pugno di mosche, somiglia tanto a quelle rese emozionali che diventano propedeutiche ad un lacerante e irrisolto disagio.
Un film da guardare con occhio curioso, quindi, pronti a raccogliere la vera essenza delle storie che galleggiano, tumultuose, sotto uno strato superficiale calmo e rassicurante.
Il vagare spesso senza meta e il ritrovarsi poi da soli a scrutare la strada in attesa di un taxi, stringendo tra le mani un pugno di mosche, somiglia tanto a quelle rese emozionali che diventano propedeutiche ad un lacerante e irrisolto disagio.
Un film da guardare con occhio curioso, quindi, pronti a raccogliere la vera essenza delle storie che galleggiano, tumultuose, sotto uno strato superficiale calmo e rassicurante.
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