sabato 3 luglio 2010

Il canto di Paloma ( Claudia Llosa , 2009 )

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Il latte contaminato dalla paura

Premiato a Berlino con l'Orso d'oro, il lavoro della giovane regista peruviana ( titolo originale "La teta asustada" , ovviamente orribilmente e liberamente tradotto in italiano) ci regala il ritratto di una giovane dai contorni intrisi di dramma e di paura e di uno spicchio di società peruviana pittoresca  su cui la regista forse calca fin troppo la mano.
Fausta assiste la madre morente, una delle tante marchiate dal dramma e dallo scontro tra guerriglieri e potere centrale: infatti , incinta di Fausta, subì lo stupro e la morte del marito e, come vuole leggenda e la tradizione, trasmise la sua paura alla nascitura col proprio latte (da qui il titolo originale); poco prima di morire la vecchia madre cantilenando ci getta nel ricordo della tragedia subita  e la figlia sembra avere appreso appieno la maniera di comunicare col canto.
Fausta è perennemente impaurita, terrorizzata, di quella paura che non abbandona mai, perchè fa parte integrante della vita ormai; intorno a lei la vita scorre con i ritmi del barrio in cui vive alla periferia di Lima, ghetto in cui si consumano cerimonie nuziali in continuazione, scandite dalle tradizioni locali: intorno a lei tutto scorre con i ritmi di una vita normale, ma lei ha scelto una automutilazione: quella dell'emozione e quella dela sua vagina, dentro la quale ha inserito una patata a protezione di violenze come quelle subite dalla madre e che naturalmente crea problemi di salute oltre che la periodica potatura dei germogli.
La madre morta giace sul letto , avvolta nei suoi sudari, in attesa di poter essere sepolta ma Fausta non ha il denaro e lo zio con cui vive ha ormai speso tutto per il matrimonio imminente della figlia.
Neppure il lavoro le sarà sufficiente per poter mettere assieme i soldi, in compenso le farà conoscere un giardiniere dall'animo sensibile che sembra finalmente farle vedere la vita sotto un'ottica meno plumbea.
Quando finalmente riuscirà a dare una sepoltura alla madre e a ribellarsi alle mutilazioni che si era imposta, la ragazza , forse, riuscirà ad avere una nuova visione della vita.
Il ritratto di Fausta è uno di quelli che rimangono impressi, tanto prepotentemente si staglia nella storia e il ricordo e la denuncia della tragedia vissuta dal paese negli anni 80,con il carico di tragedie che inevitabilmente simili momenti si tirano dietro, è proposta con molto sentimento, il dilungarsi su aspetti folkloristici forse stona eccessivamente, seppure in un contesto antropologico e sociale ben descritto; nel complesso il film offre dei momenti molto validi, ed è ben costruito intorno alla figura singolare ed a tratti compassionevole della ragazza, verso cui la regista mostra una empatia estrema.Le cantilene che la ragazza canta , a volte in spagnolo, altre in
lingua quechua, inventate dal suo estro pregno di tristezza sono piccole poesie dalle quali emrge una profondo senso di dolore e di mestizia.

2 commenti:

  1. Un film molto bello, girato bene e interpretato benissimo. In effetti la figura di Fausta da enorme spessore alla storia ed è il ritratto della paura ancestrale.

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  2. L'unica pecca è il troppo calcare la mano su certo folklore, anche se poi all'interno delle tematiche trattate non stona eccessivamente.

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