giovedì 4 novembre 2010

Lady Snowblood ( Toshiya Fujita , 1973 )

Giudizio: 9/10
E vendetta sia...


" La vendetta è un piatto che si serve freddo" sentenziava Tarantino all'inizio di Kill Bill e questo lavoro, che più di ogni altro ha influenzato il regista americano nella creazione del suo capolavoro, è l'autentico archetipo di quella sentenza; un film bellissimo, a tratti sprizzante visonarietà, dotato di un grande potere rivoluzionario nello stile, nella narrazione e nei suoi contenuti politici e sociali ben nascosti sotto ad una straripante apoteosi della vendetta studiata , fortemente voluta e drammaticamente messa in atto.
La storia, disarmante nella sua semplicità è quella di Yuki, nata in carcere da una madre ergastolana che con tenacia insegue il suo concepimento per potere gettare nel mondo privo di ogni regola e moralmente allo sfacelo un'arma micidiale di vendetta.
La ragazzina viene allevata col rigore tipico di chi possiede le stigmate dell'eroe con la missione da compiere e giunta al ventesimo anno di età inizia la sua opera mortifera per sublimare la vendetta covata dalla madre, cui una banda di loschi faccendieri ha ucciso martito e figlio , prima di violentarla. L'inizio dell'opera è della madre stessa che riuscirà ad uccidere uno dei quattro, il resto spetta alla figlia, abilissima con la sua katana, frutto di un paziente insegnamento finalizzato a costruire una creatura umana , ma diabolica nel suo interno, priva di ogni sentimento che non sia la vendetta.
L'operazione viene portata a termine, ma l'urlo di dolore di Yuki , faccia nella neve, nella scena che chiude il film, ci getta in faccia la sconfitta di chi ha cancellato la sua vita nel nome di un miraggio liberatorio che invece incatena in maniera mortale.
Il film è costruito su capitoli separati, in cui, soprattutto all'inizio, i salti temporali disorientano non poco: ogni capitolo ha il suo titolo, intriso di macabro e di poetico assieme, utilizza stili tecnici che rimandano ai manga (la voce fuori campo che ci assiste è sostenuta da rapidi flash fumettistici-il film stesso è tratto da un manga-), abbondano le scene splatter con arti mozzati e fontane di sangue zampillante che colora di un rosso innaturale ogni cosa, la scelta dei colori e della fotografia sembra avere addirittura spunti psichedelici e su tutto domina la figura di Yuki, eroina tragica in un mondo tipicamente e tradizionalmente maschile.
Al centro di tutto, nella figura di Yuko, il tema della vendetta, dell'annientamento che porta la sua rincorsa e che sfocia in un tormento onnipresente  che genera dubbi e rimorsi per una esistenza non vissuta se non in funzione della missione programmata.
Il film nella sua semplicità risulta grandioso sotto tutti i punti di vista e permette di respirare una bellissima aria che profuma di grande Cinema, quel cinema che sa unire forza visiva e recconto delle pulsioni umane.
Grandissima l'interpretazione di Meiko Kaji, bella e conturbante nei suoi kimono bianchi immancabilmente macchiati di sangue , con il suo letale omberellino che nasconde l'inseparabile katana e che interpreta il brano dei titoli di testa e di coda che, guarda caso, troviamo, uguale uguale, anche in Kill Bill col titolo The flower of carnage.

2 commenti:

  1. un film potente, l'ho visto da poco, e mi è piaciuto moltissimo.
    grande cinema.
    il tuo giudizio di capolavoro mi trova del tutto d'accordo.

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  2. Considerato che è un film di quasi 40 anni, la scelta di una struttura narrativa a capitoli che si intrecciano temporalmente è assolutamente rivoluzionaria. E poi le riflessioni sulla vendetta sono penetranti e rimangono impresse.

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