La nascita del fenomeno del secolo
Attessissimo film evento del Festival di Roma, il lavoro di David Fincher affronta quello che al momento è sicuramente uno dei fenomeni più importanti, da molti punti di vista, del terzo millennio: la nascita e la straripante affermazione di Facebook, a partire dalle intuizioni di Mark Zuckerberg , genialoide studente di Harvard , a tutt'oggi uno tra gli uomini più ricchi del mondo.
Nonostante il film si prestasse a numerose trappole narrative (l'esegesi, la mitizzazione, la cronaca bruta, il polpettone americaneggiante) Fincher ha l'indubbio pregio di costruire una storia che non annoia, racconta con ritmo e brio la nascita di un fenomeno a partire da piccoli momenti quasi intimi, come ben delineato nella lunga scena iniziale che ci mostra subito Mark in tutta la sua epidermica antipatia e nella sua insicurezza da perdente, al punto che si è portati a credere che una idea così importante e vincente sia nata come reazione ad una frustrazione sentimentale e ad una difficoltà cronica nelle relazioni interpersonali.
Nonostante il film si prestasse a numerose trappole narrative (l'esegesi, la mitizzazione, la cronaca bruta, il polpettone americaneggiante) Fincher ha l'indubbio pregio di costruire una storia che non annoia, racconta con ritmo e brio la nascita di un fenomeno a partire da piccoli momenti quasi intimi, come ben delineato nella lunga scena iniziale che ci mostra subito Mark in tutta la sua epidermica antipatia e nella sua insicurezza da perdente, al punto che si è portati a credere che una idea così importante e vincente sia nata come reazione ad una frustrazione sentimentale e ad una difficoltà cronica nelle relazioni interpersonali.
Da quella sera l'escalation sarà impetuosa e irrefrenabile e porterà ben presto il fondatore del social network in rotta di collisione con amici veri e presunti, di pari passo all'affermarsi della sua idea , nata quasi per sfregio e con una forte carica misogina.
La storia viene narrata all'interno dei processi cui Mark dovette sottoporsi con le accuse di appropriazione di idea e di truffa con frequentissimi rimandi all'epoca dei fatti; sicuramente ci regala una immagine del fondatore di Facebook molto ben delineata, così come lo sono anche gli altri protagonisti della vicenda: la forza dei personaggi è senz'altro uno dei cardini della pellicola e lascia intravvedere un certo magnetismo e carisma, tratteggia in modo discreto quelle che sono le implicazioni sociali della nascita di Facebook e sottolinea come un evento simile possa avere anche sui suoi fondatori ripercussioni importanti sulla vita privata; ma l''aspetto più sottilmente raffinato sta nell'insinuare il dubbio che quello che appare a prima vista come uno dei tipici nerd geniali e pieni di intuizioni, col suo carico di asocialità ed innocente superbia, altro non sia che un furbo manipolatore che sa andare dritto allo scopo.
Il film nel complesso è buono, mantenendo sempre l'interesse vivo; forse , ed è pregio e difetto insieme, rimane troppo legato alla cronaca stretta, ma sapere affrontare un fenomeno come quello dei social network schivando luoghi comuni e ovvietà e non lanciandosi in moralismi e valutazioni etiche rimane comunque pregio non indifferente: raccontare la fenomenolgia degli eventi nel loro divenire non è impresa facile e Fincher , sotto questo punto di vista, fa centro in pieno
La storia viene narrata all'interno dei processi cui Mark dovette sottoporsi con le accuse di appropriazione di idea e di truffa con frequentissimi rimandi all'epoca dei fatti; sicuramente ci regala una immagine del fondatore di Facebook molto ben delineata, così come lo sono anche gli altri protagonisti della vicenda: la forza dei personaggi è senz'altro uno dei cardini della pellicola e lascia intravvedere un certo magnetismo e carisma, tratteggia in modo discreto quelle che sono le implicazioni sociali della nascita di Facebook e sottolinea come un evento simile possa avere anche sui suoi fondatori ripercussioni importanti sulla vita privata; ma l''aspetto più sottilmente raffinato sta nell'insinuare il dubbio che quello che appare a prima vista come uno dei tipici nerd geniali e pieni di intuizioni, col suo carico di asocialità ed innocente superbia, altro non sia che un furbo manipolatore che sa andare dritto allo scopo.
Il film nel complesso è buono, mantenendo sempre l'interesse vivo; forse , ed è pregio e difetto insieme, rimane troppo legato alla cronaca stretta, ma sapere affrontare un fenomeno come quello dei social network schivando luoghi comuni e ovvietà e non lanciandosi in moralismi e valutazioni etiche rimane comunque pregio non indifferente: raccontare la fenomenolgia degli eventi nel loro divenire non è impresa facile e Fincher , sotto questo punto di vista, fa centro in pieno
per me è un capolavoro assoluto, capace di andare ben oltre la semplice (oddio, semplice mica tanto) storia di zuckerberg per raccontare il male di vivere contemporaneo, dovuto (o forse reazione?) ai social network.
RispondiEliminaun film immenso, sei stato un po' avaro di stelline :)
Buon film senz'altro , capolavoro non direi però; la nascita e gli effetti di Facebook sono ben raccontati e contestualizzati, però non ci ho visto tutto questo scrutamento nell'animo umano.
RispondiEliminaMa poi vogliamo parlare della stupenda sequenza della gara di canottaggio? Per il resto si concorda alla grande, anzi io gli avrei dato anche una stelletta in più.
RispondiEliminaLe stellette, come ben sai Alessandra, sono quasi un giochino e forse è come dici tu; vero quella scena è molto bella.
RispondiElimina@marco: oddio tutto questo racconto sul male di vivere non l'ho visto, trovo invece geniale l'idea che emerge dal film che un fenomeno planetario quale Facebook nasca quasi per dispetto e per un cattivissimo gioco da parte di un mezzo imbranato sfigato.
@baobab: come sempre , ed è un mio chiodo fisso, sarà il tempo a dirci se di capolavoro si tratta; anche io al momento son propenso a ritenerlo "solo" un bel film
Filmone.
RispondiEliminaCST
Per me la sequenza della gara di canottaggio è invece uno dei punti deboli del film. Non c'entra nulla con il resto della pellicola. Molto più efficace, nel mostrare le differenze fra il mondo "esclusivo" dei fratelli Winklevoss e quello "inclusivo" di Mark, la scena del rito di iniziazione della confraternita sotto la neve. Che poi in realtà Mark di quel mondo avrebbe anche voluto far parte (si spiega così la "gelosia" verso l'amico Eduardo), ed è per questo che sfoga la sua frustrazione estromettendolo.
RispondiEliminaChe possa essere una scena un po' troppo a se stante sono d'accordo, ma ciò non toglie che è una bel momento del film. Io tutto sommato trovo invece interessante l'inquadratura sotto cui viene osservato Mark e se ci pensiamo bene ne esce fuori un personaggio al limite del detestabile.
RispondiEliminaQuella scena vale da sola i 5 euro del biglietto, forse non sarà perfettamente inserita nel film, ma è bello vedere cose del genere !
RispondiEliminaSu questo non c'è dubbio Bruno, tra l'altro il film non indugia assolutamente su manierismi vari o, peggio, su immagini patinate, quindi , seppur non perfettamente inserito nel contesto, è un bel momento di cinema.
RispondiElimina"il film non indugia assolutamente su manierismi vari o, peggio, su immagini patinate"
RispondiEliminaMissile, complimenti, in una frase hai riassunto uno degli aspetti che più caratterizzano l'ottima lavoro di Fincher in un progetto che presentava parecchie trappole.
Martin credo che il pregio migliore del film sia quello, e per essere un lavoro americano è quasi un miracolo.
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