domenica 27 marzo 2011

The man from nowhere ( Lee Jeong-beom , 2010 )

Giudizio: 6.5/10
Classico drammone alla coreana


Campionissimo di incassi al botteghino per il 2010 in Corea, The man from nowhere è il tipico prodotto coreano fatto e pensato per sbancare: regia accurata, mix di azione, violenza, drammi personali e sentimento, qualche sottile venatura sociale ed eccellente interpretazione da parte del cast.
Di nuovo c'è poco, anzi molte situazioni sanno già di visto svariate volte, ma nonostante ciò il film si lascia guardare con piacere e riesce comunque a catturare l'interesse per tutte le due ore.
E' la storia del cupo e tenebroso Cha Tae-sik che vive in una sorta di autoprigione in cui si è racchiuso e della ragazzina So-mi, che pur di fuggire alla sua squallida realtà famigliare (madre tossica , padre sconosciuto) preferisce passare il tempo con quell'uomo solitario e silenzioso che le abita accanto. La ragazzina vede in Tae-sik l'unica figura che in qualche modo la rassicuri e le presti un minimo di attenzione, l'uomo da parte sua , sepolto nel suo nichilismo, teme che quella presenza lo coinvolga troppo, al punto di risultare sfuggente anche alle sue richieste di aiuto.

Quando la madre di So-mi si caccerà in grossi guai con dei delinquenti cui ha sottratto una partita di droga, la ragazzina verrà suo malgrado coinvolta pesantemente quasi a dover scontare i peccati della genitrice; Tae-sik, spinto da un impulso di redenzione cercherà di salvare la ragazzina dal suo tremendo destino, riemergendo da quella abulia mortale in cui si era rifuggiato.
La storia procede con un buon ritmo e ,di pari passo, ci svela la vera identità di quell'uomo che nasconde a tutti, persino a se stesso, il suo volto e la sua identità, avvalendosi di flashback che raccontano il background personale drammatico dell'uomo; non risparmia momenti di cruda violenza e di raccapriccio e neppure attimi di umorismo macabro (la camicia di Dolce e Gabbana imbrattata di sangue), segue passo passo il riemergere dalle tenebre di Tae-sik, tratteggia con buona efficacia una serie di personaggi secondari; presenta qualche momento di azione a base di botte e scontri ravvicinati che se  è vero che nulla hanno a che vedere con la tradizione HKese ad esempio, danno però comunque un certo ritmo alla narrazione e naturalmente non mancano le note pittoresche e sarcastiche su certi atteggiamenti della polizia coreana.
Il cuore del film comunque sta nel drammone dell'uomo schiacciato dal suo passato e nella disperata ricerca di affetto che anima la ragazzina: il topos delle solitudini inquiete e tragiche che si incontrano e si compenetrano, insomma,si dimostra ancora una carta valida da giocare.
Viceversa va detto che il film si mantiene troppo su canoni classici e standardizzati, in cui lo slancio emotivo è sempre un po' furbescamente in agguato , la situazione nel suo complesso è di quelle che vanta molteplici e anche illustri predecessori ( Leon ad esempio) e la figura del protagonista strizza troppo l'occhio al filone dell'eroe maledetto-tenebroso-in cerca di redenzione.
Comunque il film nel complesso si lascia vedere bene e ci regala alcune interpretazioni notevoli: da Won Bin, che passa  senza colpo ferire dal ragazzotto con problemi mentali del bellissimo Mother al ruolo di eroe che vuole uscire dalle tenebre, alla undicenne Kim Sae-ron, a Kim Hee-won e Kim Sung-ho , i feroci fratelli trafficanti di droga e di organi.

2 commenti:

  1. Mi pare lo facciano qs anno al Feff... uhm, quindi il classico filmone poliziesco super-stylist coreano? Anche no :)

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  2. sì mi pare che sia presente a Udine; proprio classico magari no, ma per larghi tratti l'atmosfera è quella del poliziesco.

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