Giudizio: 8/10
I ritratti della vita
Opera seconda del taiwanese Chung Monghong, The fourth portrait ha ottenuto grandi successi presso la critica ed il pubblico , racimolando diversi premi al Golden Horse (regia ed attore principale tra gli altri) affermandosi come una pellicola ben inserita in quel movimento di rinascita della Cinematografia taiwanese in atto ormai da alcuni anni.
Quello che fa di The fourth portrait un film bello e valido è la sua capacità, nonostante il tema trattato, di schivare tutte le ovvietà e le facili trappole sentimentaliste che potevano disseminarsi lungo il percorso.
E' la storia di un ragazzino che , morto il padre, si ritrova da solo ad affrontare la vita, sorretto all'inizio solo dal vecchio guardiano di una scuola che vorrebbe fungere da padre putativo fino a che i servizi sociali non riportano il ragazzino , Xiang, dalla madre legitima, che nel frattempo si era costruita una nuova, squallida vita in compagnia di un losco individuo.
Il percorso di inserimento nella vita, vissuto oltre quelle che sono le regole consuete per un ragazzino, si inserisce in un ambiente famigliare e sociale degradato su cui incombe il dramma dell'immigrazione dalla Cina continentale che, ben lungi dal portare benessere, si rivela una trappola tragica per la madre di Xiang e soprattutto domina la figura del fratello maggiore del ragazzino, scomparso in circostanze misteriose (che verranno però magistralmente rivelate in uno dei momenti più belli del film), che Xiang continua a vedere in sogno e a sfuggirgli.
Da un lato quindi Xiang si affaccia alla vita pungolato dai consigli severi del vecchio custode prima e del nuovo amico più grande di lui, uno sfaccendato, ladruncolo con alle spalle una famiglia derelitta segnata dal dramma, dall'altra la squallida vita dell'emigrato priva di ogni impulso vitale e contorto sul suo dolore.
Ben lungi dal tratteggiare situazioni fiabesche o peggio pedagogiche, Chung racconta una storia, attraverso quattro disegni di Xiang, che sono momenti di una vita che si evolve e che corre via, che non lascia il tempo di sentirsi bambini e che impone agghiaccianti confronti con persone da evitare come la peste (il dialogo tra Xiang e il patrigno, altro momento bellissimo e commovente del film).
Il desiderio di Xiang di avere una figura di riferimento si incastona tra un inizio e una fine in cui lo vediamo camminare da solo , zaino in spalla, quasi un prologo per una vita difficile e l'epilogo, che si concretizza in un ultimo ritratto, appunto il quarto, che non vedremo mai, fa calare il sipario in modo ambiguo, ma sicuramente buio, sulla storia.
Nel contesto di una narrazione improntata ad una drammaticità non ostentata, il regista inerisce dei momenti in cui il registro sembra mutare, con sfumature a volte grottesche a volte comiche che però non riescono mai a scalfire il buio pessimismo realista che serpeggia in tutto il film.
Un equilibrio narrativo molto ben disegnato, anche nelle immagini molto curate ma mai laccate, risulta in conclusione il maggior pregio di The fourth portrait, dove non manca la commozione nè lo sdegno, ma sempre con toni sorprendentemente moderati che sono sempre quelli che riescono a dare la forza della verità e del realismo alle storie drammatiche.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.