Nostalgia per il passato
L'ultimo lavoro del singaporiano Kelvin Tong, che già con Rule number one aveva mostrato il suo talento cinematografico applicato al thriller-ghost story, è un film piccolo, nel senso che è tutto racchiuso in uno spazio e in un luogo ben preciso, in un trentennio (1940-1970) rivisitato con gli occhi di oggi attraverso delle sbiadite fotografie in bianco e nero.
Il racconto ruota intorno al parco di divertimenti Great World di Singapore, un luogo che per le abitudini e le usanze di quegli anni era molto più che un semplice luna park: era un microcosmo vivissimo in cui pulsavano vite e storie accomunate da una visione della vita probabilmente troppo diversa da quella odierna.
Kelvin Tong bene ricostruisce quell'atmosfera, un po' paesana ma sicuramente più vera ,che si respira nel parco e in tutto ciò che vi orbita intorno e lo fa con uno sguardo disancantato, quasi fanciullesco, carico di nostalgia ("è stata la televisione ad allontanare la gente dalla vita del parco" dice uno dei protagonisti ricordando i tempi andati), in cui sogni e aspirazioni, amori e dolori si consumano nell'arco del trentennio.
Attraverso le fotografie ingiallite che una fotografa di moda trova nel vecchio locale appartenuto alla nonna, anch'essa fotografa e narratrice postuma di un mondo ormai scomparso, assistiamo ad una carrellata di personaggi ben disegnati, coloratissimi che nel parco hanno vissuto: il clown che vuole farsi la foto con Elizabeth Taylor, una coppia di giovani, lui venditore di intrugli pseudomiracolosi, lei proprietaria di un banco di tiro a segno con premi, la stella del night club dalla bellissima voce ormai in declino consumata dall'attesa per il ritorno del suo vecchio amore, il venditore di spuntini che in quel parco si sposò proprio il giorno in cui i Giapponesi invasero Singapore.
Storie semplici, quasi banali ma che riportano ad un epoca in cui l'amicizia e la solidarietà erano valori assoluti, un'epoca in cui si respirava un'aria più vera e sincera, dove il sogno e la magia del parco infondevano sentimenti sinceri.
Ne esce fuori un film che è anzitutto un sentito omaggio ad una epoca ormai lontana, rivisitata con una dose misurata di nostalgia che non scade mai nell'ovvio e nello stucchevole e anzi sa regalare dei momenti molto belli , carichi di sincerità, come ad esempio la scena della cena di nozze su cui aleggiano i bombardieri giapponesi.
Pur presentando qualche intralcio nell'incedere, complessivamente il film è bello e merita sicuramente la visione e Tong si conferma regista che ben conosce il mestiere, riuscendo, con un lavoro che non reclama pretese particolari, ad offrire momenti di cinema davvero buono; se con Rule number one aveva tracciato un sentiero originale nel genere, con questo suo ultimo lavoro ha dimostrato di sapersi ben muovere anche in generi lontani dal thriller e dal ghost movie, imponendosi come un regista che merita grande attenzione per il futuro.
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