Giudizio: 7.5/10
La corsa dietro al dio denaro
Magari verremo smentiti dalla geniale imprevedibilità di Johnnie To, ma questo Life without principle sembra proprio essere un punto di svolta nella filmografia del Maestro HKese, quasi un anello di congiunzione con Vengeance che appariva come una sorta di epilogo tragico e citazionista della parabola gangsteristica che immensi capolavori ci ha regalato.
Life without principle anzitutto prende a vigorose spallate gli schemi e gli stili nati dalla fusione dei generi che To ha continuamente manipolato nei suoi lavori, per concentrarsi sulla tematica-fulcro, fra l'altro abbastanza sfruttata nella cinematografia HKese e mainlander, della potenza destruente del denaro.
Tutto il film ruota su questo impalpabile protagonista causa di crisi rovinose e di drammi nazionali e personali, ben evidenziati con i continui rimandi alla crisi economica europea e alla quasi bancarotta greca.
Per raccontare il potere sconfinato del denaro Johnnie To si serve di una narrazione originale, all'apparenza, soprattutto nella prima parte, ostica, fatta di scatole incastonate una nell'altra che ruota intorno a tre personaggi, che nel film si sfioreranno impercettibilmente, senza mai entrare in collisione, accomunati dal disperato bisogno di denaro: Teresa, consulente finanziaria che appare subito a disagio in un mondo arrivista popolato di squali pronti a mettere il cappio al collo agli investitori con proposte ad altissimo rischio dietro la chimera di guadagni favolosi, il detective Cheung, poliziotto epigono di tanti eroi magistralmente raccontati dal regista nel corso degli anni, alle prese , quasi inconsapevolmente, con un mutuo acceso per acquistare la casa dei sogni della moglie e Panther, uno straordinario Lau Ching Wan, alla ricerca affannosa di denaro per pagare la cauzione del boss ,prototipo di una manovalanza malavitosa ormai trasformatasi in una accolita di di personaggi che ha riposto le camicie a fiori per indossare abiti di Armani e che ha sostituito la pistola con gli schermi del computer dove scorrono gli indici azionari, dietro ai quali scorrono fiumi di soldi.
E' proprio la figura di Panther quella che offre il cambio di ritmo alla pellicola, quasi a volere dimostrare che per il regista quello dei gangster rimane l'universo che maggiormente lo ispira; ma anche questo ambiente , che non è più quello dell'onore e della fratellanza da difendere al costo della vita, appare travolto dalla corsa a gestire il denaro in maniera "pulita" e Panther risulta un eroe quasi arcaico e fuori moda nelle sue giacche improbabili e nelle sue camicie a fiori sgargianti che ancora insegue un ideale romantico di lealtà e di onore.
Tutto sembra cadere sotto i colpi bassi di una finanza che alla fine non sembra tanto più pulita dei vecchi sistemi malavitosi per fare soldi e al giro di boa il film piega sempre più verso un thriller in cui le carte sono scoperte, ma debbono essere sistemate al loro posto.
Pur con qualche impaccio la narrazione tripartita regge bene e col procedere sposta sempre più impercettibilmente in avanti il punto in cui il cerchio si chiuderà; questo avverrà in un finale cui mancano i picchi di azione e dramma e forse per qualcuno potrà risultare anche deludente, ma l'impressione è che il Maestro stavolta abbia voluto giocare maggiormente sul tavolo delle tematiche sociali e politiche, sulla deriva cinica che intraprendono i personaggi e sulla capacità del denaro di trasformare le esistenze.
Come sempre la regia è ben calibrata, non mancano i momenti da ricordare, quasi sempre scanditi dal salire e scendere degli indici azionari riportati su enormi display, così come non manca qualche difetto derivante soprattutto da una narrazione sbilanciata in cui la figura di Panther tende ad oscurare le altre, col risultato di avere una storia che non procede in maniera costante.
Con le premesse fate all'inizio però, questo rischia di diventare un film fondamentale nella filmografia di Johnnie To ed assume quindi una importanza probabilmente maggiore di quella derivata dal reale valore del film; vedremo in seguito se sarà così o se il Maestro abbia voluto semplicemente divagare su un tema che assilla e ossessiona la società cinese.
Mi è piaciuto abbastanza, ma non ci ho visto un grande "stacco" rispetto ai film precedenti di To. A parte l'aggancio all'attualità (la crisi economica), c'è la solita abilità del regista nel gestire molti personaggi e di farli muovere come pedine su una scacchiera. Interessante, comunque, la descrizione della folle "aleatorietà" del sistema finanziario che sembra premiare o punire a casaccio gli investitori o gli speculatori. Grandissimo, come sempre, Lau Ching-Wan.
RispondiEliminaNon è uno strappo clamoroso, ma basti pensare a quelli che erano i malavitosi fino a Vengeance, che pure già qualche diversificazione la mostrava, ci si rende conto di come lo sguardo di To vada oltre, al punto che la figura di Panther sembra quasi uscita da un'altra epoca. Forse è solo un occhio più distaccato che osserva certi ambiente e le loro dinamiche, ma il Johnnie To gangsteristico che conoscevamo sembra abbastanza distante.
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