Sarà la profonda crisi che ha colpito la Grecia, temibile esempio di sfascio economico inseguendo un ritmo europeo insostenibile, fino ad avvelenare la vita dei nostri cugini ellenici, ma il Cinema di quel paese si contraddistingue ormai da qualche anno come uno dei più lucidamente duri e spietati del panorama europeo; mentre dai Balcani giungono storie tutte più o meno legate a doppio filo al dramma della guerra che vi ha imperversato per anni, i cineasti greci rivolgono lo sguardo su quella che una volta era la classe dominante e portante del paese, quella borghesia che per tanti anni è stata il perno di un regime autoritario e che ora la crisi economica ha messo in ginocchio.
Miss Violence, film ricco di riconoscimenti elargiti dalla Mostra del Cinema di Venezia nel 2013, è lavoro che sembra essere stato ideato per fare da contraltare a quel Kynodontas di Lanthimos che tanto colpì cinque anni fa per la sua lucida e fredda spietatezza.
A ben guardare però Miss Violence ha in comune col lavoro di Lanthimos solo l'ambientazione quasi claustrofobica famigliare: i temi e la resa del film sono nettamente diversi e anche la cifra stilistica si pone su un piano diverso.
Qui siamo nella barbarie che regna in tante famiglie (almeno a sentire le storie di tutte i giorni): sopraffazione, dominio psicologico, plagio, violenza lucida e feroce sono raccontate con toni lenti e compassati ma non per questo meno efficaci.
La storia ruota intorno ad una famiglia a stampo patriarcale dove, non subito però perchè la confusione , certamente voluta, sui ruoli e sulle parentele tende sempre ad intorbidire le acque, regna sovrano un uomo con accanto una moglie, anch'essa sua vittima, e figlie e figli delle figlie, dietro i quali si cela anche il legittimo sospetto di frutto di incesti.
Già dalla prima scena, una festa di compleanno, si intuisce che qualcosa non va come dovrebbe nella famiglia: facce tristi, gesti da automi, affettività assente e per finire un volo dal balcone della festeggiata per i suoi 11 anni; perfino il sangue che si sparge sul cortile ha un colore che tende al grigio.
Nel corso della storia scopriremo come nella famiglia dall'apparenza tranquilla regni il terrore impartito con odiose e indicibili violenze fisiche e psicologiche che marchiano a fuoco le carni delle povere vittime, cioè tutte tranne l'impassibile e tirannico patriarca.
Insomma in Miss Violence non c'è quella strisciante spiegazione quasi trascendentale nella sua follia che impregna Kynodontas: qui è il dominio e l'annientamento il tessuto connettivo che tiene insieme i pezzi della storia.
Il giovane Alexandros Avranas racconta la storia della famiglia attraverso lo sguardo all'interno di un baratro di disperazione e di abiezione, troppo spesso però adagiando il tutto su ritmi che rasentano, a volte, la noia, sebbene lo stile scelto dal regista sia molto efficace nella sua essenzialità e asetticità.
Nel complesso Miss Violence è film che fa della durezza psicologica il suo punto forte, di violenza vera e propria se ne vede poca in effetti; dire che convinca in pieno è forse troppo, ma indubbiamente la prova del giovane regista greco è meritevole, scegliendo di raccontare la storia in termini più realistici di quanto faccia invece Lanthimos che avvolge il suo lavoro in un atmosfera quasi surreale.
Da molte parti si è gridato alla scoperta di un nuovo Haneke mediterraneo: per il benessere del giovane Avranas , forse sarebbe meglio evitare simili accostamenti.
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