Giudizio: 7.5/10
E' un film tosto The Silence, opera seconda di Baran bo Oder; lo è perchè fuori da ogni intento di facile presa tratta il tema della pedofilia senza esecrazione ostentata e facile, senza pietismo da quattro soldi e soprattutto senza ipocrisia.
Non che il film sia asettico verso la tematica, tutt'altro, ma si costruisce fotogramma dopo fotogramma con la ferma decisione di lasciarsi alle spalle le ovvietà e le emozioni forcaiole.
Un delitto atroce avvenuto 23 anni prima, in cui una adolescente viene brutalmente violentata e assassinata rimasto senza colpevole inseguendo inutilmente una pallida scia lasciata da una automobile rossa, si ripete con angoscianti concidenze negli stessi luoghi della provincia tedesca.
Noi sappiamo da subito chi sono l'assassino e il suo complice, quest'ultimo dopo 23 anni felicemente sposato con prole, scopriamo invece lentamente nel film, grazie a lunghi flash back come i due si siano ritrovati accomunati dalla insana attrazione per le ragazzine consumata con la visione di film pedopornografici in rigoroso formato super8.
Dopo quel giorno in cui si resero protagonisti del delitto rimasto impunito i due si perdono di vista; ma il nuovo omicidio così simile nei luoghi e nelle modalità , avvenuto con perversa precisione lo stesso giorno del precedente, mette in moto nella coscienza e nel profondo dell'animo di Timo, colui che fiancheggiò l'assassino, i fantasmi del passato.
La polizia pensa subito che i due fatti siano legati, ma il vecchio detective è ormai pensionato sebbene cerchi di rendersi utile, invano viste le ritrosie del suo successore; solo un poliziotto, quasi grottescamente e classicamente tormentato dal ricordo della giovane moglie morta da poco, sembra volere seguire i consigli del vecchio detective.
Per l'uomo l'identificazione con la madre della vittima del primo delitto è spontanea: il dolore della perdita paralizza la vita impedendone il normale corso, anche dopo tanti anni e ciò lo terrorizza.
Il thriller , che tale non è, regala un finale che getta l'ombra lunga dell'oblio in cui tutti escono drammaticamente sconfitti.
Se da un lato , attraverso sottotrame più o meno riuscite il film vaga nella palude del rimorso e della rabbia per la perdita e l'abbandono, dall'altra regala invece un ben più pregnante sguardo sulla psicologia del pedofilo senza alcun intento giustificatorio, mettendo però per una volta chi guarda dalla parte dell'orco, al suo bisogno di comunicare e di sentirsi non autoemarginato: questo snodo narrativo crea una cappa oscura carica di pessimismo e di dolore; a poco servono le belle immagini di tranquilla vita di provincia, i verdi boschi, le case dalle rigide forme teutoniche, i colori e i campi di grano; The Silence è lavoro duro e nero come la pece che non lascia alcuna via d'uscita a vittime e carnefici.
Il regista Baran bo Odar, nonostante le citate ambientazioni amene, sposa a pieno lo stile del racconto cupo, tipico di certa cinematografia germanica,costruisce un thriller atipico in cui tutto è subito chiaro ma che ben presto attanaglia dal punto di vista psicologico creando una disturbante tensione; probabilmente tralascia un po' troppo certi aspetti più profondi dei protagonisti ed è un po' carente nella logica ferrea che dovrebbe contraddistinguere un thriller in senso lato, ma nel suo insieme The Silence è film che colpisce e lascia il segno.
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