martedì 3 febbraio 2015

Tokyo Tribe ( Sono Sion , 2014 )

Giudizio: 7/10

Ci voleva pure il musical nella filmografia di Sono Sion: seguendo un andamento cinematografico ondivago e apparentemente senza alcun riferimento, il regista giapponese negli ultimi anni ha abbandonato se non lo stile le tematiche a lui più care o meglio le ha fortemente contaminate sino ad approdare a lavori come The Land of Hope e Why don't you play in Hell ? che si posizionano quasi agli antipodi l'uno dell'altro.
Tokyo Tribe è un musical, molto sui generis, piuttosto monocorde dal punto di vista musicale che però è molto ben aderente alla ambientazione della storia: la città di Tokyo è ormai in mano a bande organizzate di giovani teppisti che si spartiscono i vari quartieri e che sono in lotta tra di loro inseguendo ognuna il suo credo anarchico; ci sono i seguaci del peace and love che però menano le mani anche loro, c'è la gang di ragazzotte in lattice vestito e con fruste in mano, c'è quella che controlla i bordelli e altre i cui membri girano vestiti come giocatori di baseball; infine c'è la banda più feroce capitanata da un folle personaggio che racchiude tutte le perversioni e le manie possibili al cui soldo lavora un biondo ossigenato che se ne va in giro quasi sempre mezzo nudo.


La guerra tra le bande scoppia inevitabile quando il biondo ossigenato vuole fare fuori un rappresentante della cricca peace and love ed in risposta tutte le altre gang si coalizzano contro di lui.
Dal magistrale inizio del film, un unico piano sequenza che percorre i vicoli lerci e affollati di ogni umanità di Tokyo, fino alla fine il film è scandito da una colonna sonora rap e hip pop che vede i vari protagonisti muoversi ed atteggiarsi , quasi a scimmiottare,come i modelli rappers americani; c'è persino una arzilla vecchietta che sul suo banchetto usato come consolle lancia le musiche come il più navigato e acclamato DJ.
I modelli di riferimento che saltano subito all'occhio sono indubbiamente West Side Story e I Guerrieri della notte, debitamente rivisitati con la solita libertà espressiva di Sono, ma soprattutto Tokyo Tribe è un film che procede per stratificazione, accumulando momenti frenetici e situazioni assurde, personaggi grotteschi ed eccessive  esplosioni nelle quali il regista incastona personaggi , alcuni dei quali indubbiamente efficaci: il malefico e raccapricciante Buppa capo della gang più feroce che parla come uno yakuza e che vive in una inverosimile reggia circondato di fanciulle compiacenti tra le quali una procacissima milf da concorso, il figlio di Buppa che usa persone come mobilio, il capo di una delle gang che gira con un carro armato agghindato come un eroe kurosawiano; e poi consueta carrellata di manie e ossessioni tipiche di Sono, e che sono anche, almeno in parte, quelle della società giapponese: maschilismo sessista, violenza, ammassi di carne come si fosse al macello, surrealismo iperbolico.
Quando poi si viene a scoprire che tutto questo finimondo è causato semplicemente dal fatto che il biondo ossigenato invidia le dimensioni del pene del suo rivale acerrimo e che il tutto si conclude con una sorta di inno alla speranza e alla gioia di vivere, il dubbio di trovarci di fronte ad un divertissement nudo e crudo diviene quasi certezza, sebbene tra le pieghe del racconto, Sono inserisce in modo spesso maldestro, non poche metafore e parabole della società giapponese con la quale , come ben sappiamo, non ha un rapporto troppo idiliaco.
Sta di fatto che il film, seppur non certo indimenticabile, regala attimi divertenti tra citazioni Tarantiniane ( " ma chi sei Kill Bill? no sono Bruce Lee") e arie alla Von Trier (l'Handeliano Lascia ch'io pianga , riferimento ad Antichrist ), momenti splatter e situazioni grottesche ( il gigantesco aspiratore tritatutto), un po' di botte e ricostruzioni di una Tokyo post apocalittica in preda al terrore per i terremoti e una indubbia regia valida che regala bei momenti visivi e sostiene il film nei momenti in cui l'incidere appare incerto. 

Rimane però una punta di delusione per un regista che sembra avere smarrito non tanto la forza dell'immagine quanto quella dei contenuti e che non è sorretto più da un furore realmente iconoclasta come abbiamo potuto apprezzare nei suoi lavori più indimenticabili.

1 commento:

  1. Decisamente differente rispetto ai precedenti lavori di sion sono, ma è riuscito comunque a divertirmi parecchio. Un delirio pop con alcune trovate deliziose e altre terribili (l'inguardabile carrarmato, su tutti).

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