Giudizio: 7.5/10
Per raccontare la storia di Olga Hepnarova i registi cechi esordienti Petr Kazda e Tomas Weireb optano per un bianco e nero che ha la duplice funzione di storicizzare gli eventi, avvenuti nei primi anni 70 e di offrire un corrispettivo cromatico della realtà cecoslovacca normalizzata dopo la Primavera di Praga.
Se il racconto che costruiscono i registi è una storia puramente individuale, scevra da implicazioni storiche, dietro il fatto di cronaca si nasconde una disamina fredda della situazione del paese, anestetizzato e incapace di muoversi dopo che le aspirazioni democratiche erano state anni prima soffocate dai carri armati sovietici.
La lotta intrapresa silenziosamente e sfociata in un atto criminoso clamoroso da parte della protagonista è una ribellione alla società e ai suoi sistemi: maltrattata in famiglia, inviata in ospedale psichiatrico, lasciata ai margini della società, vessata da coetanei e sul lavoro, Olga non riesce a trovare nessuna connessione con ciò che la circonda; il suo malessere profondo, frutto di un disagio di indubbia derivazione psichiatrica, trova nell'ambiente circostante il modo di alimentarsi, di crescere e di raggiungere livelli irreversibili , proprio per il rifiuto per la sua condizione di persona problematica, come si direbbe oggi.
Pensare a Olga come ad un semplice prodotto delle ingiustizie sociali sarebbe però fuorviante, nonostante le teorie secondo le quali il disagio psichiatrico trova sempre nell'ambiente una sua spiegazione; Olga sa di essere una persona non convenzionale, si nutre della sua solitudine, disprezza le persone, si definisce lesbica, folle, psicopatica, quello che la porta però alla decisione di compiere l'atto estremo è l'incapacità di trovare un minimo di raccordo col mondo che le gira intorno, dichiarandosi il frutto della bestialità della società.
Due anni dopo aver compiuto la strage in cui uccise otto persone investendole col camion mentre erano alla fermata dell'autobus, Olga Hepnarova viene giustiziata per impiccagione, una tra le ultime esecuzioni avvenute nella ex-Cecoslovacchia: il suo piano è andato così a termine, ce lo enuncia in una lettera che scrive il giorno stesso del folle gesto: non sarà lei a togliersi di torno con uno squallido e anonimo suicidio, dovrà essere quella società bestiale che l'ha messa ai margini che dovrà sporcarsi le mani di sangue per estirparla da se stessa.
Il racconto che mettono in piedi i due registi si mantiene sempre su toni misurati, lascia molto spazio all'interiorità di Olga e ai suoi disagi ( l'incerta identità sessuale soprattutto), ai suoi silenzi , ai suoi sguardi nel vuoto e a quelli che tra ghigno e rabbia nascondono il suo odio profondo, alla sua goffa camminata e al suo modo meccanico e compulsivo di fumare: è insomma un vero e proprio ritratto che prende corpo fotogramma dopo fotogramma e che ci accompagna nel profondo baratro nel quale si agita l'anima di Olga.
I, Olga Hepnarova è lavoro intenso, nonostante qualche difetto incentrato soprattutto nell'indugiare eccessivo sull'aspetto della vita sessuale della donna che di fatto non aggiunge molto al quadro generale, che sa costruire il ritratto di una personalità complessa carica di drammaticità che lungi dal trovare il conforto nel suo ambiente abituale trova lì invece la spinta decisiva verso la deriva della follia.
Riuscendo a reggere sulle sue apparentemente esili spalle la grandissima parte del film, non può che lasciare ammirati la prova di Michalina Olszanska: ogni dettaglio della protagonista è reso in una maniera perfetta e la prova complessiva della giovane attrice polacca è di quelle che lasciano il segno in questa annata cinematografica.
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