domenica 6 giugno 2010

Vita di O-haru , donna galante ( Kenji Mizoguchi , 1952 )

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Rivisitazioni cinematografiche
La punizione e la caduta per chi infrange la legge

Con Vita di O-haru inizia la fase finale dell'opera di Kenji Mizoguchi, quella che ha donato al Cinema immensi capolavori e al regista la fama e i premi anche al di fuori del Giappone, imponendolo come uno fra i più grandi registi di tutti i tempi.
Seguendo la storia della vita di una donna dell'inizio del XVII secolo che parte dalla corte imperiale di Kyoto, presso cui il padre di O-haru presta servizio come samurai, e si dipana nell'arco di alcuni decenni con la progressiva caduta fino alla misera condizione in cui la troviamo  all'epilogo della vicenda, Mizoguchi non solo dipinge un affresco grandioso del Giappone feudale, domninato dai signorotti locali, ma mette sotto la lente d'ingrandimento sia i costumi e la rigidissima gerarchizzazione della società e sia la condizione della donna, ridotta a pure merce di scambio o ad oggetto di piacere estemporaneo.
Come nei lavori che seguiranno, anche qui O-haru si macchia del peccato gravissimo di cedere alla passione amorosa, in barba alle rigide leggi della classe sociale e della casta, motivo per cui, una volta scoperto il suo amore con un paggio di corte, l'esilio con infamia ,per lei e la sua famiglia, diviene l'inizo di una punizione che le leggi rigidissime basate sulle convenzioni sociali impongono; a questo faranno seguito  eventi che la porteranno ad essere dapprima concubina con il solo scopo di generare l'erede del signore locale, quindi una volta allontanata dal clan, cortigiana, protetta di personaggi biechi e infine , ormai cinquantenne, prostituta da strada al culmine del degrado.

O-haru subisce passivamente, con spirito stoico, senza cercare ribellione, convinta dell'iniquità di leggi barbare che impediscono l'amore tra persone di rango diverso, ma il suo percorso verso il baratro non si arresta neppure di fronte al legame filiale: sarà il nuovo signore, suo figlio , che ne decreta un altro esilio per tenere lontano da sè la traccia di una origine così poco regale.
Mizoguchi si fa quindi narratore delle ingiustizie e delle nefandezze di una rigida gerarchizzazione che governa l'epoca,retaggio non troppo lontano del Giappone moderno, una Legge che impedisce i rapporti sociali e che separa gli uomini solo in base al loro ceto sociale, in cui il ludibrio e la vergogna sono la punizione peggiore, capace di annientare chiunque.
Con O-haru, insomma , il regista inizia la disamina di queste tematiche universali, sviluppate poi sotto varie forme sia in Ugetsu che in Sansho che in Gli amanti crocifissi , descrivendole con lucidità e moderazione di forme, ma al contempo con una efficacia pungente, utilizzando una tecnica di ripresa imperniata su immagini fisse dove si muovono i protagonisti e una descrizione degli ambienti che risulta fredda e priva di umanità, quasi a fondersi con gli eventi.
Molto si è discusso sullo slancio femminista di Mizoguchi,ed in effetti molte delle sue storie impongono eroine tragiche, ma più probabilmente, e qui sta l'universalità del linguaggio, l'aspetto della condizione della donna è solo uno di quelli che scaturiscono  dall'applicazione di una Legge che fa della protervia e della meschinità i suoi cardini.


5 commenti:

  1. mi piace la funzione random, ma mancano le palline di preferenza al film.

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  2. purtroppo il template usato non le supporta.
    Ne approfitto per ringraziarti del "fiume" di commenti, son sempre ben graditi.

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  3. io devo ringraziare te per il lavoro gratuito di divulgazione di tante e così importanti opere culturali che altrimenti rimarrebbero ad uso esclusivo di una ristretta cerchia.

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  4. parlerò di questo film quando avrò rivisto tutto, ora sarebbe incompleto

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  5. Addirittura opera di divulgazione!!! La mia , come quella di tantissimi altri, è solo una passione che mi piace condividere. Se poi , nel suo piccolissimoo, serve a stimolare la visione di opere cinematografiche magari meno conosciute , meglio ancora.

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