La leggenda dei briganti
Ispirato ad uno dei testi più noti e importanti della letteratura cinese attribuito a Shi Naian nel XIII secolo e ambientato durante la dinastia Sung, tradotto anche in italiano col titolo I Briganti, facente parte del corpus dei Quattro grandi romanzi classici cinesi, il film di Chang Cheh e Wu Ma è un lavoro che risente in maniera totale del clima di epicità di cui è intriso il racconto.
Vi si narra la storia di una banda di fuorilegge il cui compito primario è quello di combattere la corruzione e le ingiustizie, somigliando in questo a tanti eroi della cultura occidentale medievale.
I 108 briganti lanciano la loro guerra contro le truppe capitanate dai generali corrotti che minano l'integrità dell'impero e per far ciò debbono conquistare una città fortificata, ultimo baluardo di difesa prima della vittoria.
Tra i 108 prodi vengono scelti 7 guerrieri abilissimi e coraggiosi che debbono infiltrarsi nella città e preparare l'arrivo delle truppe per lo scontro finale.
Le gesta dei sette, ben presto scoperti a causa della esuberanza di uno di loro , Turbine nero, saranno votata al sacrificio in nome dei valori per cui combattono.
Costruito su una sceneggiatura esilissima, praticamente assente, introdotta soltanto da una voce narrante che inquadra all'inizio il periodo storico e gli eventi che vi stanno accadendo, il film a ben guardare è più un wuxia con contaminazioni di kung fu, in cui vi è larghissimo spazio per le scene d'azione (sotto la supervisione di Liu Chia Liang) e molto poco per una trama che sia anche solo minimamente organica; d'altronde troppo vasto è il riferimento letterario e il periodo storico per poter esser inquadrato con compiutezza, così come la carrellata di personaggi epici che scorre sotto gli occhi è talmente sterminata che risulta difficile inquadrarli sotto un aspetto diverso che non sia quello del loro coraggio nei combattimenti.
Tutto ciò per dire che il film potrebbe anche risultare confuso, stracciato in troppi frammenti che sono tenuti assieme solo dalle scene di azione , che però da sole possono valere la visione del film; scene in cui non vi è risparmio di mezzi e di uomini, quasi sempre molto dilatate in cui i protagonisti, molti dei quali fedelissimi dei lavori di Chang Cheh, danno sfoggio delle loro capacità artistiche.
Sempre presente in massicce dosi l'aspetto nazionalistico che trova nell'onore , nel coraggio e nella ricerca della giustizia i suoi capisaldi morali invalicabili ,come è tradizione del cinema di genere dell'epoca.
Ad un grande David Chiang si affiancano Ti Lung, Chen Kuan Tai, Bolo Yeung solo per citarne alcuni, in un coacervo di artisti marziali che imprimono il marchio su un lavoro che ha il suo motivo di esistere proprio in funzione delle loro performance.
cavolo, ne ho visti così tanti di chang cheh che finisco col confonderli! A proposito, ho visto a better tomorrow 3 di Hark: capolavoro, non c'è che dire!
RispondiEliminaE' inevitabile Monsier, Chang Cheh possiede una filmografia sterminata che confondersi è semolice.
RispondiEliminaNon avevo dubbi che ti sarebbe piaciuto A better tomorrow III