lunedì 12 maggio 2014

Blood and Ties ( Guk Dong-suk , 2013 )

Giudizio: 6.5/10

Per l'esordio alla direzione il  regista coreano Guk Dong-suk si ispira fortemente a quel Voice of Murderer di Park Jin-pyo di cui fu assistente alla regia, quasi una sorta di omaggio per un lavoro che tra quelli che che si basano su fatti di cronaca riguardanti rapimenti di minori è considerato uno dei più validi.
L'impianto del racconto infatti si poggia sul fatto di cronaca e nel contempo si presenta come una denuncia di quella famigerata legge che prevede la prescrizione dopo quindici anni per i reati di omicidio.
Da-eun è una giovane aspirante reporter che vive col padre Son-man che invece è occupato in umili lavori e che vede nella ragazza una sua rivincita personale verso la vita.
La giovane e il padre sono uniti da un legame fortissimo, quasi una adorazione vicendevole, motivo per cui quando la ragazza, durante la visione di un film che racconta la storia di un tragico episodio di cronaca in cui un bambino fu rapito ed ucciso e che si chiude con un documento audio originale con la voce del rapitore, viene colta da un drammatico stupore nell'udire una similitudine stupefacente con la voce e con alcuni modi di dire del padre.

Spinta dalla curiosità e al contempo impaurita di scoprire verità agghiaccianti, la giovane si lancia in una personale indagine che inevitabilmente la porta a scontrarsi con l'amore smisurato che nutre per il padre  messo alla dura prova dalle apparenza che si fanno sempre più nitide.
Verità nascoste, persone che riemergono dal passato, ricordi piccoli che si fanno strada e che vanno ad infrangersi con una realtà con la quale Da-eun non vuole confrontarsi sebbene divenga pian piano sempre più chiara: un mondo di apparenze si sbriciola e la verità sembra farsi strada.
Per la ragazza la lotta interiore è lacerante: credere alle nuove verità o rimanere fedele all'amore paterno?
Gli eventi raccontati si svolgono nei giorni precedenti lo scadere della prescrizione del reato, scelta che vuole aggiungere un po' di suspance in una storia che in certi momenti sembra più indirizzarsi verso il thriller psicologico, con il perenne contrasto tra apparente realtà e verità nascosta che tenta di svelarsi, riuscendoci con discreto successo tra l'atro ed in un eccesso didattico il regista decide proprio sul finire di mostrarci palesemente quale sia stata la verità degli avventimenti.
Il film in gran parte funziona bene, come detto , soprattutto laddove va ad indagare un legame così tenace che vorrebbe nascondere la realtà e salvare l'apparenza, oltre tutto va ad aggiungere un po' di sale al racconto il ruolo da aspirante cronista della protagonista , combattuta tra la verità e il legame di sangue; il racconto nel suo complesso è sostenuto da un filo di tensione abbastanza solido , sebbene, come detto, sia soprattutto l'aspetto psicologico a fare da collante.
Buona l'intesa tra Son Ye-jin e il veterano Kim Kap-soo capace di creare la giusta miscela di sentimento, incredulità e di sgomento che intercorre nel rapporto tra padre e figlia.

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