La giovane donna passa a ritirare un corposo pacco di lettere, allontanandosi per le scale queste cadono in terra e vengono raccolte alla rinfusa; questa è la scena madre del film e attenzione a non farsi sfuggire nulla della scena, perchè molti, il sottoscritto compreso, ci sono cascati come fessi.
Queste lettere non sono altro che il filo conduttore, quasi la sceneggiatura del film : sono state scritte dallo spasimante giapponese della donna giunto in Corea per rincontrarla dopo che tempo prima si erano frequentati, ma siccome lei era in vacanza, lui ha pensato bene di piazzarsi in una pensione vicino casa della donna e nell'attesa scrivere lettere che raccontavano le sue giornate.
Diciamo pure che questo incipit è una idea brillante che crea la struttura del film: le missive, lette alla rinfusa, mostrano situazioni non sequenziali con frequenti balzi temporali casuali.
Si assiste quindi all'uomo che incontra una proprietaria di un caffè con la quale instaura qualcosa in più di una amicizia, c'è uno sfaccendato che risiede nella pensione di cui diventa amico, c'è la proprietaria, una simpatica e insinuante signora, c'è una giovane ospite isterica, ci sono le solite situazioni giocate tra chiacchiere ed immancabili bevute; nulla di nuovo in tutto ciò per il cinema di Hong, salvo che ce la caviamo con una ora di pellicola e che il regista sembra avere perso anche quello smalto rancoroso e sarcastico che gli permetteva di presentarci personaggi, spesso del mondo cinematografico, astiosi, sgradevoli quando non vere e proprie canaglie, donne represse e insoddisfatte che trovavano nelle mangiate e nelle bevute la loro apoteosi fra insulti, schiaffi e l'immancabile e fuggevole fornicazione liberatoria.
In Hill of Freedom Hong, seguendo una scia che dura ormai da un bel po', non solo addolcisce i suoi personaggi, ma per alcuni di loro ci spinge verso la simpatia di fatto snaturando quella che è stata invece la nota dominante nei suoi lavori più riusciti.
Assistendo a Hill of Freedom va confessato che un po' di nostalgia per quei logorroici e detestabili personaggi nei quali il regista si divertiva ad affondare la mano nella ferita, la si prova, a dimostrazione che Hong Sang-soo, le cui capacità tecniche sono sempre comunque apprezzabilissime nei suoi giochi tra piani fissi e zoom, sembra aver perso, forse irrimediabilmente, quel suo sguardo sarcastico e divertito che tanto ci piaceva.
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