Giudizio: 7/10
La memoria e la verità dalla mille facce sono da sempre due tra i pilastri narrativi della cinematografia ormai trentennale di Atom Egoyan: in Remember utilizza come traino la memoria dell'olocausto e il thriller che indaga scoprendo i vari strati sotto i quali è sepolta la verità; ad accentuare le due tematiche la scelta di raccontare la storia di un uomo che la memoria la sta perdendo perchè affetto da demenza senile e l'identità come veicolo di verità labirintiche.
Infatti il canovaccio intorno cui si muove l'ultimo lavoro del regista di origini armene vede protagonista Zev un vecchio reduce di Auschwitz affetto da morbo di Alzheimer che ha perso l'amata moglie da poco; nella casa di riposo in cui vive, l'amico Max, collaboratore del Centro Weisenthal, convince Zev a compiere l'ultima missione della sua vita: scovare l'aguzzino delle SS che sterminò la loro famiglia nel campo di concentramento e ucciderlo, perchè il corso della giustizia sarebbe troppo lungo per poter dare loro soddisfazione prima di morire; negli USA esistono quattro persone con quel nome e Zev, sotto la guida di Max, dovrà cercare quale di questi è quello da uccidere.
Il vecchio Zev, zoppicante, confuso e di frequente vittima di amnesie totali si mette alla ricerca sfruttando l'aiuto di Max che dalla casa di riposo lo pilota accuratamente.
Sebbene solo all'ultimo tentativo il vecchio troverà il responsabile, il suo viaggio all'interno dell'America è una lunga rimembranza sotto varie forme della tragedia personale, acuita dalla sua malattia che lo conduce spesso in situazioni difficili da affrontare.
Il thriller che Egoyan mette in piedi funziona, forse fin troppo bene, al punto di mettere da parte, spesso le altre tematiche, e soprattutto condiziona con un finale che contiene un colpo di scena clamoroso tutto il film, che se da una parte è coerente con la scelta del genere dall'altro appare troppo affrettato e anche forzato.
Per il resto della storia però Remember è un film dalle solide basi, sostenuto da una regia molto essenziale che dà forza alle tematiche che Egoyan ama trattare nei suoi lavori: soprattutto il tema della verità dalle molteplice facce che nasconde spesso menzogne che servono a dare credito e a coprire l'ambiguità e la falsità.
Per Zev quindi il viaggio alla ricerca della preda da abbattere, perchè ormai non c'è più tempo per la giustizia, è un rincorrere la verità attraverso la memoria e una volta che si appalesa a noi libera dai cumuli di falsità e di menzogne assume un volto totalmente diverso da quanto fino ad allora ci aveva mostrato.
Il labirinto della memoria e dell'identità si sovrappone quindi a quello della verità dando vita al finale beffardo e drammatico che sancisce il concetto che la realtà spesso si manifesta fenomenologicamente con la falsità introno alla quale può girare una vita intera.
L'occhio di Egoyan va però anche oltre attingendo al ricordo impresso nell'animo di ogni armeno: il genocidio a carico del suo popolo, per certi versi simile a quello subito dagli ebrei, induce il regista alla riflessione sul rapporto vittima-carnefice e sul destino che entrambi debbono affrontare a livello di coscienza e di conseguenze.
Come detto per larghissima parte il film funziona bene, il personaggio di Zev è uno di quelli cui è impossibile non affezionarsi e la tensione, seppur sottile, quasi impalpabile, è presente in tutta la pellicola come si conviene ad un thriller, peccato solo che il finale narrativamente quasi necessario ma nella sostanza poco convincente lasci un po' di amaro in bocca.
Il grande vecchio Christopher Plummer è più che convincente nella parte di Zev ben coadiuvato da Martin Landau in quella di Max: entrambi sanno dare il giusto spessore umano e drammatico ai due personaggi.
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