Giudizio: 6.5/10
Lady Bird è il nuovo nome che si è data Christine sedicenne di Sacramento, come iniziale gesto di insofferenza e di insoddisfazione; per il resto la ragazza è come tante postadolescenti che iniziano a sviluppare una forma di ribellione verso l’ambiente che le circonda: la scuola cattolica, l’ambiente provinciale, la famiglia nella quale i contrasti con una madre premurosa ma molto decisa sono continui; l’età inoltre conduce ai primi turbamenti amorosi, alle scelte delle amicizie vissute come atti fideistici e soprattutto alle scelte per il futuro; per Lady Bird la scelta del college da frequentare entro breve tempo può essere il pretesto per poter abbandonare un ambiente che non ama per poter finalmente approdare nell’agognata East Coast dove la ragazza pensa di poter dare sfogo alla sua creatività e al suo estro, fuggendo da un ambiente dalla quale si sente oppressa, decisione che la madre avversa ufficialmente per motivi finanziari, nel profondo perché forse teme il distacco dalla figlia.
Insomma le premesse sono molto simili, direi sovrapponibili a tanti teen movie più o meno mascherati da racconti di formazione, un filone che ha ormai detto tutto e scritto i suoi canoni piuttosto stucchevoli e dozzinali.
La pellicola di Greta Gerwig, qui alla sua prima prova autoriale in proprio come regista e sceneggiatrice, candidata a svariate statuette, nonché acclamatissima dalla critica, non fa nulla per distaccarsi dai presupposti iniziali del genere, rimanendone a tratti anche un po’ impantanata al loro interno; quello che però Lady Bird mostra con più decisione è una profonda sincerità narrativa, propria dei racconti autobiografici; Greta Gerwig infatti nasce proprio a Sacramento e anche l’ambientazione del film nei primi anni 2000 sta a sottolineare una perfetta sovrapposizione tra la protagonista e la regista.
Siamo quindi di fronte ad un lavoro che pur appoggiandosi decisamente ad un genere fin troppo abusato riesce a trovare comunque un tratto distintivo grazie alla prospettiva carica di ironia e di tenerezza con la quale l’autrice guarda a quella sua esperienza passata; sin dalla citazione iniziale della scrittrice Joan Didion, anch’essa nativa di Sacramento ( “ Chiunque parli dell’edonismo californiano, non ha mai trascorso un Natale a Sacramento”) si intuisce quel possa essere la scelta narrativa della Gerwig.
Ed in effetti la descrizione di una provincia americana che inizia a sentire i primi sussulti di una profonda crisi economica vicina ad esplodere in contrasto con la vitalità culturale dell’Est che così tanto affascina la protagonista è la tematica che più di ogni altra percorre in lungo e in largo il film.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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