martedì 4 giugno 2019

Sauvage ( Camille Vidal-Naquet , 2018 )




Sauvage / Wild (2018) on IMDb
Giudizio: 7.5/10

Costruire e dirigere un film a tematica gay senza cadere in ovvietà e stucchevoli ipocrisie non è cosa semplice, ancor più quando il mondo gay è quello dei marchettari da strada, situazione che complica di molto le cose introducendo nel tessuto narrativo del film il rischio della retorica ad impronta sociale, la prospettiva pasoliniana rivisitata e le teorie sociologiche e antropologiche sulla colpa e sul peccato.
Per fortuna Camille Vidal-Naquet, all'opera prima dopo un passato fatto di corti e documentari, riesce con sorprendente bravura a schivare tutti i pericoli che un film come Sauvage si tirava dietro e a raccontare una storia dolorosa  con apprezzabile neutralità.
La storia , dalla trama molto scarna di per sè, si impernia intorno alla figura di Leo un ventenne che batte i marciapiedi di Strasburgo: un virgulto cresciuto sugli aridi marciapiedi tra macchine che si fermano per comprare e altre che che si accostano per poi ripartite subito.
Leo svolge il suo lavoro perchè gli piace, ne ha fatto la sua scelta di vita, una scelta senza tetto nè legge come raccontò decenni indietro Agnes Varda, una esistenza vissuta in strada , con spesso il cielo per soffitto.


Leo crede nell'amore, quello che l'amico marchettarro maghrebino Ahd non vuole dargli perchè lui si vende solo per soldi e rivendica la sua eterosessualità; tutto l'opposto del protagonista per il quale ogni cliente anche il più turpe potrebbe essere colui che gli riesca a  donare quello che cerca.
Ma se le premesse sono queste la storia prende ben presto un'altra china, ed è una via crucis laica, un tormento prolungato nel tempo, tra amore cercato e rifiutato, abusi, violenze, scatti di ribellione, affermazione della propria libertà portata all'estrema conseguenza; è la conferma che Leo è un essere selvaggio, privo di regole e di convenzioni, un cuore sempre in tumulto ed un corpo che inizia a crollare sotto i colpi di una vita spietata.
Vidal-Naquet ci illustra subito quale sarà la formula del racconto: nulla di mediato, sesso mostrato in maniera quasi priva di filtro, una violenza che prima di essere fisica è psicologica e una serie di storie , non solo quella di Leo, che affondano nel mercato dei corpi e dell'amore prezzolato.
La scelta di sbatterci in faccia la storia di questo giovane che imperterrito, nonostante tutto ciò che gli capita, continua a vivere nell'unico modo che probabilmente conosce, fa sì che la figura del protagonista crei da subito un'aura di empatia, quasi a voler in qualche modo saziare quella fame di calore che il ragazzo mostra quasi come un dolore fisico; nello stesso tempo, come dicevamo all'inizio, non ci racconta nulla del protagonista ( e degli altri marchettari), nè il suo background famigliare nè quello sociale, niente traumi dell'infanzia nè motivazioni che spieghino la sua omosessualità: insomma il regista riesce in quella difficile operazione di trattare la tematica gay in maniera "normale" , focalizzandosi sulla persona e non sul suo essere gay.

Quello che Sauvage riesce a fare è raccontare una storia drammatica, feroce per alcuni versi, cattiva e durissima, che riesce a disturbare e a  stimolare l'emotività, proprio perchè si ha l'impressione di assistere ad una tragedia nella quale l'eroe è imprigionato nel suo mondo e non c'è nulla che riesca a farlo uscire fuori, neppure il sincero amore di un uomo maturo che se ne prende cura: per Leo l'amore passa attraverso la libertà, la strada, le botte e i clienti che comprano il suo corpo e spesso ne abusano.
A volte Sauvage dà l'impressione di andare anche oltre e forse in effetti il regista in qualche frangente tende a calcare troppo la mano, ma va detto che non si ha mai l'impressione che lo faccia per stimolare lo sdegno o peggio per spettacolarizzare in maniera perversa gli eventi; probabilmente Vidal-Naquet vuole solo esser certo che il messaggio insito nelle gesta del protagonista arrivi a destinazione, affidandosi ad un verismo di stampo dardenniano, divenuto un po'' il paradigma universale dei racconti di emarginazione.
Nel ruolo di Leo troviamo un sorprendentissimo e bravissimo Felix Maritaud  ventisettenne proveniente dal porno a tematica gay, che risulta perfetto nel ruolo del protagonista, sia per la fisicità che riesce a mettere in scena , sia per la capacità di sapere trasmettere il tormento che avvolge il personaggio.

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