Giudizio: 8/10
Nel 2018 il prolifico regista coreano Hong Sang-soo ha diretto due lavori, Grass , presentato a Berlino e Hotel by the River che ha visto la luce al Festival di Locarno, confermando la ormai assoluta e consolidata presenza del regista coreano nel circuito festivaliero che conta, grazie alla ragionata distribuzione dei suoi film nelle maggiori rassegne cinematografiche.
Come abbiamo spesso detto i film di Hong proprio per questa consolidata caratteristica che porta il regista a presentare sempre almeno un paio di lavori all’anno, sono diventati quasi una tradizione, un appuntamento fisso atteso per il cinefilo; questi due ultimi lavori però possiedono un paio di caratteristiche peculiari all’interno della visione cinematografica del regista: da un lato infatti la scelta del bianco e nero, che comunque non è così rara nelle opere di Hong, rappresenta una scelta stilistica che sembra volersi sposare con quella che è la tematica dominante, difficilmente presente con tanto vigore nella cinematografia dell’autore, e cioè la morte.
In Grass il tema si affacciava prepotentemente e ripetutamente all’interno delle varie storie raccontate, in questo Hotel by the River è addirittura un presupposto narrativo del film stesso.
Il racconto infatti si sviluppa intorno alla figura di una anziano poeta che , sentendo avvicinarsi la fine, senza però alcun dato obiettivo che lo confermi, convoca i suoi due figli presso l’albergo dove vive, immerso nella neve e affacciato sul grande fiume Han.
Nello stesso albergo alloggiano due amiche , una delle quali appena abbandonata dall’uomo che amava, che si ritrovano per consolarsi a vicenda.
Due frammenti distaccati dunque, quesi allo stesso modo di quelli che venivano raccontati in Grass; qui il contatto tra i due universi, quello tutto femminile delle due amiche e quello tutto maschile del poeta e dei suoi due figli, entrano fugacemente in rapporto tra di loro proprio attraverso la figura del poeta, incantato dalla grazia e dalla bellezza delle due donne che gli ispirano idee poetiche.
Le due amiche si raccontano i loro tormenti d’amore, la meschinità dell’uomo, la tristezza che le attanaglia, il poeta affronta i figli per tentare di ricomporre un rapporto famigliare che , si intuisce, ha inevitabilmente distrutto negli anni: due mondi distanti ma che per tutto il film vivono spalla a spalla come è efficacemente rappresentato nella scena del ristorante in cui si ritrovano in tavoli diversi i due gruppi.
Naturalmente se c’è il ristorante c’è anche l’inevitabile cliché delle bevute di soju e della caduta delle inibizioni, tradizione immancabile nella dinamica sociale -antropologica dei personaggi di Hong ; e non basta, perché anche la immancabile presenza del personaggio legato al mondo del cinema è assicurata da uno dei figli del poeta, un regista che non si capisce bene se più incompreso che cialtrone; nonostante buona parte del corredo delle situazioni abituali Hotel by the River è lavoro che differisce molto dal cinema di Hong come lo conosciamo ormai da molti anni, proprio per la riflessione sulla morte, un tema che sembra destare più di una ossessione sul regista.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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