lunedì 25 ottobre 2010

Ip Man 2 ( Wilson Yip , 2010 )

Giudizio: 6.5/10
Il nobile kung fu contro la rozza boxe

Avevamo lasciato Ip Man in fuga dalla Cina occupata e oppressa dai giapponesi e con perfetta coerenza temporale nel secondo capitolo lo troviamo ad Hong Kong sul finire degli anni 40, dove, tra difficoltà economiche, è fermamente intenzionato ad aprire la scuola di arti marziali che permetta il diffondersi del wing chun; per far ciò dovrà confrontarsi col consueto spirito di lealtà e senso dell'onore con i maestri delle altre scuole che pullulano nella colonia britannica.
Mostrando la sua grande maestria e il profondo senso di spiritualità che permea il kung fu riuscirà ad essere riconosciuto come Maestro e abilitato quindi ad avere la sua schiera di discepoli.
Il conflitto culturale che si instaura questa volta è con il rozzo colonialista britannico, che sostiuisce in tutto quello che era il ruolo dell'invasore giapponese, la cui espressione risiede nel molto poco nobile pugilato occidentale.
Pur se non improntato al profondo disprezzo che permeava il conflitto con i giapponesi, ben presto il confronto arti marziali-boxe diviene una metafora sulle profonde divergenze culturali che dividono cinesi e occidentali e culmina in una lunga parte centrale e finale , sterminata citazione della saga di Rocky, con combattimenti misti di kung fu e pugilato in cui Ip Man si ergerà ad eroe popolare che restituisce dignità e onore brutalmente calpestati.
E quando negli ultimi sessanta secondi del film vediamo bussare alla porta del Maestro un ragazzino simpaticamente spavaldo che vuole imparare il kung fu e che dice di chiamarsi Bruce Lee, siamo al culmine della mitizzazione e una certezza si impossessa chi guarda: la saga continua e un altra leggenda salirà alla ribalta.
E' chiaramente un film biografico con intenti da penegirico quasi , cui dona un'aura epica anche la presenza di Sammo Hung nel ruolo del Maestro Hong che da vita ad uno dei combattimenti più belli mai visti insieme ad Ip Man , in bilico su un tavolo , davanti alla schiera di maestri HKesi, una scena che da sola vale il film in cui la forza magnetica dei due personaggi annulla tutto ciò che li circonda.
La ricostruzione dell'Hong Kong d'epoca è bella e dona uno sfondo credibile al film, i combattimenti sono al solito magnificamente orchestrati, ma la lunga parte in cui si mette in scena il contrasto boxe-arti marziali onestamente lascia molto a desiderare, ancor di più per il fatto che si gonfia di una retorica che neppure nel Rocky cui strizza l'occhio si era vista.
Donnie Yen è sempre in grandissima forma e grazie a lui i film sulle arti marziali, vero fiore all'occhiello del cinema Hkese di qualche decennio fa, tornano ad uno splendore che avevano perso, soprattutto per mancanza di personaggi del suo carisma.
L'affacciarsi fugace del ragazzino Bruce Lee ci incoraggia a pensare che la saga potrà avere almeno un altro episodio e il prossimo, quello sì, sarà vera leggenda.

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