Giudizio: 5/10
Inserito nella polimorfa e dire il vero poco chiara linea di programma Mondo Genere all'interno del Festival del Cinema di Roma, l'opera seconda del giovane regista brasiliano Marco Dutra ha una dichiarata livrea da (poco)psyco-(poco)thriller con robusti ricami soprannaturali.
Quendo eu era vivo racconta la storia di Junior un uomo ormai prossimo alla maturità la cui vita va a rotoli tra un matrimonio fallito miseramente e un lavoro perso; la scelta di tornare a vivere quasi da estraneo nella casa di famiglia in cui ora si trova il padre è il grimaldello che spalanca all'uomo il baratro della maniacalità ossessiva.
Dapprima mostra una crescente insofferenza per il padre stesso che ha deciso di rivoluzionare la casa e di vivere una nuova vita all'inseguimento della forma fisica, poi la comparsa della giovane musicista cui il genitore ha affittato una stanza che scatena in lui istinti masturbatori e soprattutto , attraverso la scoperta di oggetti nascosti e polverosi appartenuti alla madre ormai defunta, l'ossessione per la figura materna che sottintende un complesso di Edipo non risolto.
Accanto alla morbosa ricerca dei ricordi materni si fa strada una forma di irrazionale contrapposizione alla figura paterna che Junior vede come antagonista a quella della madre.
La madre , donna sensibile e seguace di culti esoterici che vediamo ripetuti ad oltranza in un vecchhio VHS che l'uomo guarda in continuazione, sembra avere lasciato dietro ad uno spartito musicale un qualche messaggio per Junior e per il fratello che da anni ormai vive in un ospedale psichiatrico.
Sul finale il soprannaturale e il misterico si fanno strada prepotentemente e conducono ad un epilogo in parte tragico e al contempo consolatorio.
Il lavoro di Dutra presenta enormi lacune soprattutto dal punto di vita puramente narrativo, lasciando troppe cose in sospeso e di difficile interpretazione, la scelta di affidarsi ad atmosfere da thriller psicologico non appaiono sempre convincenti e la derivia soprannaturale sembra più una facile scorciatoia per risolvere qualche vicolo cieco in cui il racconto si infila.
D'altra parte però va riconosciuto a Quando eu era vivo un fascino particolare che risiede soprattutto nelle ambientazioni claustrofobiche della casa piena di oggetti dal significato esoterico e visivamente molto efficaci: Dutra in tale modo ci dimostra indubbie capacità di regia nel sapere movere i suoi personaggi nello spazio circoscritto in cui tutto sembra possedere vita propria.
In conclusione comunque va detto che gli aspetti che non convincono sono preponderanti rispetto a ciò che si lascia apprezzare, motivo per cui il film di Marco Dutra appare troppo un esercizio stilistico e poco un racconto che sappia regalare qualcosa che lasci il segno.
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