Nella prima scena si assiste alla morte di un bianco capretto, ucciso con un rasoio che gli recide la gola: è quasi una immagine sacrificale ed oscura che però in seguito rivedremo nuovamente e che vuole essere la materializzazione della morte; poi alcuni minuti di immagini marine: onde gigantesche, cielo livido, vento furente , spiaggie percosse dalla furia del mare, una natura drammatica e potente come sa essere quando da libero sfogo alla sua forza incommensurabile.
La natura impregna Still the Water come quasi tutti i lavori di Naomi Kawase; il tema, poetico e filosofico del rapporto dell'uomo con una natura viva e presente che assiste allo svolgersi della vita umana interagendo e inglobando è il nocciolo centrale del film, all'interno del quale le esistenza di alcuni personaggi trovano il loro palcoscenico più coinvolgente.
Due famiglie che vivono sull'isola messe quasi a confronto: da un lato quella disgregata dal divorzio con madre e figlio sedicenne che non riesce a metabolizzare il trauma e che mostra ostilità palese verso la madre; dall'altra la famiglia in cui regna una armonia spirituale nonostante la madre sia prossima alla morte per malattia; anche qui c'è una sedicenne che stenta a trovare una ragione che le faccia accettare la fine imminente della donna che da parte sua trova conforto e lo regala ai suoi famigliari grazie alle sue doti da sciamana.
In entrambe le famiglie sono i due giovani il fulcro della storia: tra i due nasce un quasi ovvio rapporto di amore sebbene soprattutto il ragazzo appaia restio a donarsi, entrambi sono alla ricerca di una strada che li faccia affacciare al mondo che conta con la giusta tempra e il divorzio da un lato e la morte dall'altra sono banchi di prova efficaci.
Il richiamo continuo alla natura attraverso una quasi onnipresenza dell'acqua, alberi giganteschi, fronde che stormiscono percosse dal vento, nuvole, sole e luna si insinuano fino ad avvolgere il racconto e il tema della pacificazione con lo spirito della natura è più volte, in alcune circostanze quasi pedantemente, ribadito dalla regista che tiene in mano le esilissime redini del racconto con la consueta bravura: vivi in armonia con quanto ti circonda e la tua esistenza non potrà che giovarsene.
Dove Still the Water lascia qualche dubbio è proprio in una malcelata ricercatezza poetica un po' ovvia ed affettata che si traduce in alcuni momenti in cui il fluire delle immagini e del racconto, di per sè già molto poco strutturato e sottilissimo, si appesantisce molto.
Dal punto di vista tecnico Naomi Kawase ha poco da imparare da chiunque e in questo lavoro lo ribadisce in maniera inequivocabile, i temi a lei particolarmente cari( la morte, la compenetrazione con il mondo esterno, il dolore) sono evidenti da subito e la sua filosofia naturalistica, scevra da implicazioni religiose e teologiche alla Malick, è fin troppo ben enunciata: nonostante ciò a Still the Water manca qualcosa che lo renda davvero lavoro indimenticabile
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