Giudizio: 7/10
Quando sul palco del Teatro Nuovo di Udine sede del Far East Film Festival è salito il regista Cho Jae-hyun per presentare la sua opera prima A Break Alone, un brivido è corso sulla schiena di molti dei presenti: quel signore con tanto di cappello, dai modi quasi timidi altri non era che l'attore preferito da Kim Ki-duk per i primi suoi lavori , interprete soprattutto di quello straordinario personaggio protagonista di Bad Guy, film che ha segnato l'apice della filmografia del regista coreano e che rimane a tutt'oggi una delle opere di più straordinaria e cruda bellezza del cinema del terzo millennio.
Noi grandi amanti di quel Kim e del suo cinema intimamente rivoluzionario abbiamo avuto la schiena squassata dai brividi , forza del ricordo e del cinema che rimane impresso, soprattutto grazie ai suoi personaggi.
Da allora Cho ha avuto diverse esperienze: altri lavori con Kim ( lo sconcertante Moebius ) , il ruolo da protagonista nel bellissimo The Weight di Jeon Kyu-hwan, regista di cortometraggi , direttore di Festival, presidente di istituzioni coreane nel campo del cinema e appunto con A Break Alone , regista di lungometraggi.
Il preambolo era d'obbligo , considerato lo spessore della figura e anche perchè la sua opera prima è pellicola che in qualche modo il segno lo lascia, pur non essendo privo di difetti.
E' il racconto di una ossessione amorosa, svolto attraverso il sovrapporsi e l'incrociarsi di due segmenti temporali distanti 10 anni uno dall'altro, senza che però esista mai un reale hiatus tra i due livelli narrativi.
Gangjae è , come suol dirsi, un uomo ormai stabilmente realizzato: famiglia, lavoro e relativo benessere; quando incontra Siyeon, una giovane insegnante di yoga , la scintilla esplode presto in incendio; i due si frequentano segretamente, si amano ma poi la ragazza delusa da una relazione che sembra senza sbocchi reali decide di porvi termine e sposarsi con un altro uomo.
Dieci anni dopo Gangjae ha ancora in mente la ragazza al punto che tutta la sua vita è perennemente incentrata su di lei, a sua insaputa: la fotografa in continuazione sul lavoro dal palazzo di fronte, la segue nelle sue vacanze , cerca di intrufolarsi furtivamente nella sua vita fin quasi a perdere la ragione.
Cho racconta questi due frammenti senza soluzione di continuità e senza offrirci alcuno appiglio per potere inquadrare cronologicamente gli eventi: questa confusione temporale si traduce nel vero nucleo del film, l'ossessione che totalizza e che annulla lo scorrere del tempo; il protagonista vive la sua sofferenza nel passato e nel presente e se soprattutto all'inizio A Break Alone vive di situazioni e di atmosfere quasi da commedia , col procedere della storia ci troviamo inesorabilmente calati in un dramma umano sconfinato.
Scherzandoci sopra il regista ha dichiarato che il film vuole dimostrare come quando un uomo soffre d'amore lo fa in maniera totale ( a differenza della donna aggiungiamo noi, leggendo tra le righe del film e del tono con cui Cho dichiara questo) ed il fatto che sia un regista uomo a raccontare ciò amplifica e dà forza ancora di più al dramma.
Al di là delle valutazioni tra il serio ed il faceto di Cho, A Break Alone ha nella sua struttura volutamente nebulosa il punto di forza; a questo riesce ad affiancare un racconto che certamente si appesantisce non solo nei toni con il procedere e che ben descrive la forza destruente del maniacale e ossessivo mal d'amore.
A dare spessore al film, che comunque mostra qualche pecca essenzialmente nel ritmo e nella mancanza di un iniziale filo conduttore narrativo, c'è la eccellente prova dell'attore protagonista, Park Hyuk-kwon, interprete a 360° tra cinema, TV e teatro che mostra le sue notevoli doti già numerose volte apprezzate.
Il Cattivo Ragazzo, alla soglia dei 50 anni, insomma, sembra aver imboccato la strada della regia: a giudicare dalla sua opera prima probabilmente sentiremo di nuovo parlare di lui e non solo nelle rimembranze di un film come Bad Guy che ha segnato tutti coloro che amano il cinema orientale.
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