Giudizio: 5/10
Per l'apertura della 18° edizione del Far East Film Festival, gli organizzatori scelgono il kolossal blockbuster coreano The Tiger, grande successo in patria, e non poteva essere altrimenti per i motivi di cui diremo poi.
Negli anni 20 dello scorso secolo la Corea è occupata militarmente dalle truppe dell'Impero Nipponico le quale danno la caccia ai ribelli asserragliati sulle impervie montagne; nelle medesime montagne innevate vive Man-deok un tempo il più formidabile ed esperto cacciatore del paese, ora ritiratosi a vita privata col giovane figlio adolescente in seguito alla morte della moglie avvenuta durante una battuta di caccia per mano del temibilissimo "Signore delle Monteagne", una tigre che domina il suo impervio territorio, circondata da un'aura di sacralità.
I giapponesi occupanti, naturalmente ignobili e tirannici, hanno al loro soldo un gruppo di cacciatori nell'intento di sterminare l'ultimo esemplare di tigre coreana, proprio quel "Signore della Montagna " tanto temuto, con un accanimento che trova solo nella metafora la sua spiegazione.
Il tentativo di coinvolgere il vecchio Man-deok nella caccia finale trova il rifiuto dell'uomo, ormai dedito solo all'alcol e alla cura del figlio, il quale però ,spinto da spirito da avventura e da orgoglio personale, vorrebbe partecipare alla caccia; ecco quindi che il giovane diventa il grimaldello con il quale scardinare il rifiuto del vecchio cacciatore.
Al di là degli arditi e improbabili paragoni letti, The Tiger del regista Park Hoon-jung non è la risposta coreana al pluripremiato Revenant di Inarritu nel quale le atmosfere erano a metà strada tra documentario stile National Geographic e i racconti di Jack London, qui invece dominano i toni da favola morale e Il Libro della Giungla, presentati con una prepotente veste metaforica.
Di sicuro Park, che già vedemmo ad Udine con l'action movie New World , di certo più riuscito, ha chiaro il modello hollywoodiano di blockbuster al quale The Tiger si ispira in maniera dominante, arricchito da una retorica nazionalista peculiare e dal costante senso di dramma incombente.
Quello che non funziona in The Tiger è la ridondante metafora sulla quale si costruisce la storia: come spiegare altrimenti la assurda ossessione dei giapponesi a distruggere tutte le tigri del paese (animale da sempre simbolo di fierezza indomita) ? Ecco quindi che l'umanizzazione, a volte totalmente fuori luogo, con la quale viene dipinto il rapporto tra il "signore delle Montagne" ed il protagonista diventa un legame quasi ancestrale che sconfina nel trascendente ma che nasconde in maniera neppure troppo discreta il messaggio nazionalistico-retorico in chiave anti-giapponese.
Per non parlare poi del ruolo quasi macchiettistico col quale vengono dipinti gli occupanti giapponesi, una abitudine, a dire il vero, piuttosto frequente nel cinema orientale, ma che in The Tiger raggiunge livelli francamente eccessivi.
A tutto ciò aggiungiamo un ricorso massiccio al CGI tutt'altro che impeccabile, cose strana vista la capacità tecnica ormai raggiunta dalle crew coreane, ed ecco che l'impianto generale del film prende una deriva molto poco convincente e che offusca l'eccellente prova di Choi Min-sik, nel ruolo del vecchio cacciatore, unico personaggio che porta con sè un minimo di profondità e di tratteggio nitido e gli indubbi splendidi paesaggi che fanno da sfondo al racconto con la forza tragica che solo la natura è in grado di regalare.
Bollare The Tiger come film totalmente negativo sarebbe un errore, però deve essere chiaro che siamo di fronte ad un chiaro modello di kolossal hollywoodiano, adatto alle famiglie in libera uscita domenicale, che deliberatamente decide di mantenersi su un livello di superficialità che la pura e semplice spettacolarità non riesce non riesce minimamente a scalfire.
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