Giudizio: 6.5/10
Steven è un affermato e stimato cardiochirurgo con una bella famiglia benestante: una moglie, medico anch'essa, dalla grande personalità e due figli adolescenti ben educati; ha superato una difficile fase di alcolismo che è ormai alle spalle, ed intrattiene una strana relazione con Martin un adolescente che appare da subito problematico; gli incontri segreti, la protezione che l'uomo mette in atto verso il ragazzo, i regali costosi per un po' fanno pensare anche ad un rapporto con sfumature morbose.
Presto però veniamo a sapere che Martin è il figlio di un paziente morto durante un intervento chirurgico condotto da Steven, verso il quale l'uomo prova un senso di fortissima colpa nonostante si ritenga incolpevole per l'esito infausto.
Quando Steven non riuscendo più a tenere nascosto alla famiglia questo strano legame porta il ragazzo a casa sua, la vita del bel nucleo famigliare viene lentamente ma inesorabilmente sconvolta, a maggior ragione nel momento in cui Martin vorrebbe gettare Steven tra le braccia della madre rimasta vedova, una forma di risarcimento affettivo.
Al rifiuto di Steven Martin si trasforma in una sorta di divinità arrabbiata che lancia una maledizione sulla famiglia del medico, soprattutto sui due figli.
Combattere per l'uomo sarà inutile, il sacrificio si deve compiere.
Nella sua seconda sortita nel cinema americano, Yorgos Lanthimos si affida anche stavolta alla collaborazione con il fido sceneggiatore Efthymis Filippou e ad un cast di tutto rispetto che vede ancora , dopo The Lobster , Colin Farrell protagonista.
L'impressione avuta con il precedente lavoro, diventa ancora più tangibile con The Killing of a Sacred Deer: l'approdo nel mondo cinematografico americano ha notevolmente smussato gli angoli di quel cinema primordiale che il regista ateniese aveva mostrato con grandissimo fulgore nei suoi lavori girati in patria.
Il suo obiettivo di scandalizzare e destrutturare l'ambiente borghese affoga in The Killing in una rivisitazione di miti propri della sua cultura, Euripide e la la Ifigenia in Aulide e come non bastasse nelle storie morali e parabole tragiche dell'Antico Testamento.
Il tutto però viene mostrato tenendo da una parte sempre presente il filo conduttore dello scandalo e della durezza degli argomenti trattati, dall'altro con la necessità di edulcorarli e di renderli maggiormente fruibili ad un pubblico più ampio e meno incline alla ruvidezza e cattiveria che animava i primi lavori.
Il senso di colpa, la responsabilità personale, la vendetta, il biblico "occhio per occhio, dente per dente", la tragedia che si insinua nella famiglia borghese tra menzogne e rimorsi repressi, vagano quindi nel film in maniera strisciante, ammantati da una aura filosofica e morale che rimanda appunto ai classici della tragedia greca e , in buona parte, ai grandi sacrifici del Vecchio Testamento, dettati da un Dio spietato e severo.
Nel suo complesso The Killing è lavoro che mette sul piatto della bilancia questa dicotomia tra la pesantezza dei temi trattati e la scelta narrativa imposta dal regista in uno scenario di una eleganza formale che però, si badi bene, non è quella algida e terrificante di Kynodontas , ad esempio, bensì un compromesso che deriva dalla "volgarizzazione" della prospettiva personale di Lanthimos.
The Killing of e Sacred Deer è lavoro che indubbiamente affascina per molti aspetti, soprattutto formali, ma che al contempo ci mostra il volto meno genuino di un regista che ha saputo sconvolgere con i suoi lavori, proprio per quella poetica della impersonalità e della freddezza emotiva che lasciavano un segno profondo nello spettatore: insomma Yorgos Lanthimos è diventato regista di chiara fama mondiale, meritatamente, sa plasmare la materia cinematografica con grande sapienza di regia, ma quello che ci quasi atterriva con le sue storie dure , a tratti insostenibili, ci piaceva di più.
Se Collin Farrell, bello incicciottito , sembra avere un feeling quasi naturale coi personaggi del regista greco, Nicole Kidman, nella sua algida fierezza sembra una musa in una tragedia greca , ma la vera sorpresa è il venticinquenne irlandese Barry Keoghan che riesce a dare uno spessore profondissimo al suo personaggio in bilico tra follia e soprannaturale.
Concordo. Lanthimos lo adoro, ma questo film mi è sembrato il suo lavoro più debole...
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