Giudizio: 7.5/10
Lasciata alle spalle l’esperienza attoriale Hollywoodiana di Rouge One di due anni orsono, Jiang Wen torna e concentrarsi sul suo cinema e in particolare sul periodo storico dei primi decenni della Repubblica cinese, epoca in cui sono ambientati sia Let the Bullets Fly che Gone With the Bullets, i più recenti lavori che precedono questo Hidden Man: sebbene non ci sia alcun riferimento che porti a considerare gli ultimi tre lavori del regista cinese facenti parte di un unico discorso cinematografico, si ritiene comunemente che Hidden Man sia il tassello conclusivo (almeno per ora) di un (molto) ideale trittico che ha appunto come tema centrale la prima era repubblicana cinese.
Ispirato alla novella wuxia The Reclusive Hero dello scrittore Zhang Beihai, Hidden Man è un racconto di vendetta e di onore, argomenti centrali del genere wuxia; ma siccome Jiang si è molto liberamente ispirato, va detto subito che non assisteremo a mirabolanti combattimenti( solo un paio), sfoggio di tecnica marziale né a funambolici guerrieri che saltano da un tetto ad un altro, il regista infatti, pur conservando alcune di queste caratteristiche, spesso rielaborandole con l’ironia che gli è propria (vedi il continuo passeggiare sui tetti del protagonista), anche in questo caso intende elaborare un discorso più incentrato sull’epoca storica.
Il film ha un prologo che sembra uscito dritto dritto da una pellicola di Tarantino: un maestro d’arti marziali viene ucciso in casa insieme a tutta la sua famiglia da un allievo traditore, Zhu, e il suo compare giapponese Nemoto perché non vuole cedere a questi i terreni su cui coltivare l’oppio; teste mozzate, zampilli di sangue e un incendio dal quale si slava solo il tredicenne Li Tianran, un trovatello che il maestro d’arti marziali ha adottato e che viene a sua volta salvato dalle fiamme che lo stanno per divorare da un medico americano di passaggio sul luogo della strage.
Quindi anni dopo Li Tianran è in America, ha terminato il suo addestramento ed è pronto a diventare un agente segreto, ha coltivato la sua passione per le arti marziali e ha assunto il suo nome occidentale di Bruce Li (…non è un caso…bensì una boutade anacronistica tipica di Jiang); quando gli viene comunicato che sta per essere inviato a Peiping (che altro non è che Pechino, così chiamata nel periodo pre bellico in cui la capitale era stata spostata a Nanchino) Bruce-Tianran Li intravvede la possibilità di dare corpo alla sua vendetta che aspetta da quindici anni.
Giunto in Cina e accolto dal padre adottivo (il medico che lo salvò) il ragazzo scopre subito che Zhu il marrano è capo della polizia e il suo compare giapponese Nemoto insegna confucianesimo in una scuola, ma la vendetta deve lasciare il posto all’obiettivo per cui Li è stato mandato in Cina.
Il personaggio chiave della storia diventa ben presto Lan uno di quei manovratori occulti che in un film di spionaggio ci stanno sempre, uno che sembra avere solo amici e non nemici e che si muove con molta disinvoltura tra un fronte e l’altro.
La recensione completa può essere letta su LinkinMovies.it
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